«Guardiamo avanti, invece di riportare le lancette a un passato che ha già diviso il partito». Perciò il senatore Alessandro Alfieri, esponente della neonata minoranza di Energia popolare, reputa sarebbe «una battaglia di retroguardia» impegnare il Pd nella disputa referendaria sul Jobs act paventata dal leader della Cgil Maurizio Landini. Tanto più in considerazione del fatto che il partito «ha ritrovato unità e energia» nella battaglia sul salario minimo.
Senatore Alfieri, la segretaria Elly Schlein ha risposto a domanda di condividere la prospettiva referendaria paventata da Landini. In qualità di esponente di minoranza, lei che cosa ne pensa?
«Io penso solo che si debba guardare avanti. Ci sono battaglie che ci incalzano sul precariato, sul salario minimo, sulla sicurezza sui luoghi di lavoro riguardo cui purtroppo abbiamo assistito all`ennesima tragedia. Non vedo davvero perché impegnarci a guardare indietro».
Forse perché il Jobs act ha lacerato il Pd più di quanto non si ammetta?
«Stiamo parlando di una riforma votata da tutta la comunità del Pd, che ha impegnato da Bersani a Franceschini, da Speranza a Orlando e Braga, che oggi guida il gruppo della Camera. Il relatore di maggioranza fu Cesare Damiano: già ministro del Lavoro e padre della legge 81/2008 sulla sicurezza, che proveniva dalla Fiom-Cgil. Come tutte le leggi, poi, ci sono state cose innovative e altre che non hanno funzionato. Il Jobs act conteneva tantissimi aspetti. C`erano 8 deleghe, con interventi meritori contro le dimissioni in bianco, sull`estensione dei congedi parentali, sulla riforma degli ammortizzatori sociali. Utilizzare il bazooka dove si può usare il bisturi mi pare sempre un errore».
Perché si rischia di aprire un vaso di Pandora in cerca di abiure o autodafè?
«Se si tratta di riportare a galla uno scontro che ha già fatto male in passato tra renziani e antirenziani, mi pare un errore. Eviterei di ricorrere a strumenti che rischiano di tramutarsi in battaglie di retroguardia. Tantopiù nel momento in cui abbiamo davanti battaglie unitarie su cui concentrarci come il salario minimo, che a mio avviso rappresenta anche un metodo da estendere ad altre priorità per come tiene insieme le opposizioni su una questione sentita da tutti. Mi pare il metodo corretto: ampliamo le alleanze possibili con tutti coloro che vogliono costruire un`alternativa al governo Meloni».
La ministra del lavoro Calderone, per la verità, la definisce «una questione ideologica»…
«La battaglia sul salario minimo ci insegna che siamo in grado di mettere in difficoltà la maggioranza, che voleva abrogare con un emendamento la proposta e si è trovata costretta a indietreggiare di fronte al fatto che si tratta di un argomento che interessa il Paese. La questione dei livelli salariali e del loro potere di acquisto è un tema centrale, stante un`inflazione che sta mordendo la capacità di spesa delle famiglie. Poi possiamo discutere su come arrivarci: il raccordo coi sindacati e con la tutela e l`estensione della contrattazione collettiva è ovviamente essenziale. Ma si tratta anche di una questione di alto valore simbolico rispetto alla lotta alla precarietà e la dignità del lavoro e delle retribuzioni. Come Pd mi concentrerei su questo. Così come la sicurezza sul lavoro e la difesa della sanità pubblica oggi devono trovarci uniti e compatti, senza andare a rinvangare il passato».
Occorre tuttavia riconoscere una sorta di sbornia per le prospettive di una deregolation che al dunque ha soprattutto privato il lavoro di sicurezze. Pensiamo a quanto la panacea del taglio al cuneo fiscale agisca in vero poco sul lavoro precario…
Il tema di come rendere fiscalmente più conveniente il contratto a tempo indeterminato rispetto alle forme determinate esiste senz’altro. Il contratto determinato deve costare di più. Così come bisogna intervenire su contratti anomali e finte partite iva. Poi in generale noi, e non mi sottraggo all’autocritica, Abbiamo abbracciato la globalizzazione quasi fosse il nuovo sol dell`avvenire. Pur avendo sicuramente dischiuse nuove opportunità, essa ha anche generato nuove minacce e cambiato le vite nel profondo. A volte il modo in cui abbiamo risposto alle sfide ci ha portato a rispondere alle domande di cambiamento senza prospettare garanzie alle richieste di protezione delle persone. Sentire uno Stato e le istituzioni più vicini con strumenti propri di sostegno e aiuto avrebbe rassicurato rispetto al senso di smarrimento e insicurezza dei più fragili. In questo abbiamo lasciato campo libero ai sovranisti e i populisti e alle loro parole d`ordine».


Ne Parlano