Trump ha vinto perché la sinistra non risponde più al tema centrale: il lavoro. Ma Renzi non è il problema della sinistra. Il Pd è il partito più forte, nel Pse, dell`Unione». Dopo le elezioni Usa, il futuro del Pd secondo Vannino Chiti. Vannino Chiti, senatore Pd, ex presidente della Toscana. Tra chi era dubbioso sulla riforma costituzionale, oggi è forse quello più attivo per il Sì. Ora sul referendum si è abbattuto il «ciclone» Trump e non è facile prevedere quali effetti potrà avere.
Senatore, lo storico inglese John Foot ha scritto una provocazione sul Guardian: «Abbiamo visto Trump prima di oggi: il suo nome era Berlusconi».«Penso che ci sia qualche similitudine ma anche molte differenze. Sono d`accordo con una sottolineatura di Enrico Letta: il leader dei populismi è oggi l`uomo più potente del mondo, siederà alla Casa Bianca controllando i codici nucleari».
Se Berlusconi si è inventato un partito, Trump ha vinto senza il suo, i Repubblicani.
«Trump ha vinto a prescindere dal suo partito. Clinton ha avuto più voti popolari assoluti, un fenomeno non frequente negli Usa. E per questo motivo, di fronte a un fenomeno pericoloso in tutto l`Occidente come i populismi, la sinistra non dovrebbe presentarsi divisa, ma vedere questo come l`avversario principale».
Cosa alimenta, secondo lei, il populismo crescente?
«Il peggioramento delle condizioni di vita delle classi medie, la precarietà e l`assenza di lavoro. Persino quando era avanti nei sondaggi il senatore del Pd eletto nelle Americhe, Renato Turano, raccontava: la Clinton ce la può fare, ma sarà un testa a testa. Io gli ribattevo: ma come, negli Usa c`è stata la ripresa, la disoccupazione è scesa al 4%, c`è stata la riforma della sanità. Lui mi rispondeva: i posti di lavoro che si sono ricreati sono tutti sottopagati e c`è una grande preoccupazione per sicurezza sociale e criminalità».
Toni non molto differenti da quelli italiani…
«Ho sentito le stesse parole da esponenti Pd a Piombino, dove sono stati salvati i posti di lavoro, ma ora gli operai prendono
800 euro con contratti di solidarietà. La sinistra aveva il lavoro al centro delle sue riflessioni e proposte: ora, spesso, non è così. Occorre ripartire da qui: lavoro, orari, salari. Con uno sforzo che veda protagonisti anche i sindacati nel recuperare un rapporto con i precari, i sottopagati, chi il lavoro non ce l`ha».
Queste cose negli Usa le diceva Bernie Sanders. La precarietà, a volte in «nero» o fatta di «voucher», attende ancora risposte.
«I voucher prima vengono regolati e superati negli aspetti che non funzionano meglio è. Sanders avrebbe vinto? Non avremo mai riprova».
Lei parla di unità, ma il Pd è diviso sul referendum. E la riforma costituzionale il Pd l`ha fatta con Denis Verdini.
«Le riforme costituzionali non possono essere fatte solo guardando a sinistra. Se si è amputata una fase costituente più ampia dipende da Forza Italia, che ha votato il primo disegno di legge – che io non ho votato perché aveva aspetti non convincenti – e poi ha cambiato idea dopo l`elezione del Presidente Mattarella».
Poi lei ha votato Sì ed ora probabilmente sarà la proposta di legge sua e di Fornaro (sinistra dem) a definire come
saranno scelti i senatori.

«La direzione, su proposta di Renzi, l`ha fatta propria. Se al referendum vincerà il Si comincerà l`iter per l`approvazione. Tra i cofirmatari ci sono Migliavacca, Gotor e altri della sinistra Pd: almeno questo è un punto unitario. Andranno coinvolte tutte le forze parlamentari».
Il referendum rischia di essere la data della spaccatura definitiva all`interno del Pd?
«Io sono molto preoccupato. Di fronte alla robusta tempesta dei populismi, bisognerebbe cercare di abbassare il tono delle polemiche, cercare di lavorare su obiettivi comuni. Io credo che su Costituzione, materie etiche, legge elettorali, ci sia libertà di coscienza: ma riguarda i singoli, non si fa una corrente per dire no ad una riforma. Ne parleremo nel congresso».
Lei fa un appello ad abbassare i toni, il premier alla Leopolda li ha alzati.
«È stato un errore. Ma credete che il problema della sinistra sia Renzi? Il Pd è nel Partito socialista europeo grazie a Renzi. Siamo il partito più forte del Pse, quello in questo momento con una stabilità di governo maggiore. In Spagna il Pse si è astenuto e ha fatto andare al governo il conservatore Rajoi; i socialisti francesi temono di non arrivare al ballottaggio; in Germania il Psd si augura di mantenere la Grande coalizione, viste le condizioni».
La contestazione, alla Clinton in Usa come a voi in Italia, è di essere poco convincenti perché troppo moderati.
«Non so se si possono usare ancora questi criteri: la sinistra non può essere il no a tutto, così diventa subalterna alla destra. Oggi la destra non dice manteniamo lo status quo, ma lo vuole cambiare. Lo dice dai tempi di Regan e della Thatcher, con l`obiettivo di abbattere lo Stato sociale. Ora la sinistra deve unire le lotte per i diritti civili alle lotte per i diritti economici. Ogni volta che si separano questi due elementi, si perde. E manca anche il respiro mondiale. Con una globalizzazione non governata i valori della si, nistra non possono vivere solo negli Stati nazionali. Quello che succede in Europa lo dimostra. E, di nuovo, il Pd è la forza più avanzata su questo tema in Europa».
Insomma, socialisti di tutto il mondo unitevi?
«Forze progressiste e riformiste di tutto il mondo unitevi. E infine: per costruire una democrazia sovranazionale e politiche più giuste, l`Italia è più forte se vince il Sì o il No? Se vince il No chi sono i vincitori del referendum? M5S, Lega o altri? Per questo deve vincere il Sì».
Come sono i rapporti, spesso in passato burrascosi, tra lei e Renzi?«Io ho sempre avuto, anche nei momenti più aspri, rapporti corretti. Dato che ci si conosce da una vita, non è mai venuta meno la possibilità di sentirsi e scambiarsi valutazioni. Ci sono aspetti più di condivisione che di divisione».


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