«Sono stata la prima ministra della Difesa donna in Italia. Eravamo già in ritardo. Lo siamo ora, tanto per la premiership che per il Quirinale. Cartabia è un nome che viene in mente per cariche importanti, sia per personalità, sia per curriculum». Roberta Pinotti, senatrice del Pd, una lunga esperienza politica, raccoglie la sfida ma avverte: «Non parliamo di donne ai vertici delle istituzioni in modo indistinto, senza nome e storia: è offensivo».

Senatrice, spunta l`ipotesi di Marta Cartabia a Palazzo Chigi, se Mario Draghi andasse al Quirinale. Lei cosa ne pensa?

«Per la presidenza del Consiglio, come per il Quirinale, ritengo che fare nomi non aiuti le persone stesse che si nominano. Ho conosciuto Marta Cartabia prima che facesse la ministra della Giustizia. A conclusione del suo mandato come presidente della Corte costituzionale l`ho invitata a Genova a nome dell`Istituto storíco per la Resistenza, a celebrare il 25 aprile. Cosa che è poi è avvenuta, ed era già diventata Guardasigilli. Ho apprezzato e continuo ad apprezzare la grazia istituzionale con la quale tratta argomenti importanti e sensibili, tenendo insieme rigore e umanità».

Lei ha avuto una primazia: è stata la prima donna ministra della Difesa in Italia nei governi Renzi e Gentiloni. Fu allora sorpresa?

«No, non sorpresa. Ero già stata presidente della commissione Difesa, prima sottosegretaria alla Difesa. Casomai fui sorpresa che ci si arrivasse così tardi. Nel 2004 avevo conosciuto Michelle Bachelet, che era ministra della Difesa del Cile e che è stata per me fonte di ispirazione per continuare ad occuparmi di questi temi difficili, soprattutto a sinistra. Mi aveva colpito che il Cile fosse arrivato prima ad affidare il tema difesa a leadership femmínili. Oggi c`è l`occasione di far seguire alle parole i fatti».

Ma il suo partito, il Pd, vuole che Draghi resti a Palazzo Chigi?

«Comprendo il lavoro dei media, però uno degli elementi della complicazione è l`anticipo della discussione pubblica sul toto nomi per il Quirinale».

Ma fare il nome di Cartabia per la premiership non rischia di bruciarla come papabile al Colle?

«Francamente non lo so. Credo che sia un nome che viene in mente per cariche importanti sia per la sua personalità che per curriculum».

Si dice “una donna per…”, come fosse una figurina, senza nome.

«È offensivo indicare “una donna” , indistinta, senza nome e curriculum».

Perché è meglio una personalità femminile ai vertici delle istituzioni?

«Penso al cancellierato di Angela Merkel, alle ministre della Difesa con le quali mi sono confrontata -da Ursula von der Leyen a Florence Parly a Dolores de Cospedal – con le quali rappresentavamo oltre il 70% della capacità di difesa europea, ebbene con loro è stato avviato il primo progetto di cooperazione rafforzata: le doti sono la concretezza, la capacità di fare squadra e la determinazione per raggiungere gli obiettivi».


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