Senatori eletti dai cittadini che scelgono per il Consiglio regionale anche i rappresentanti della Regione a Palazzo Madama. Né costi aggiuntivi, né elezione diretta: salvi i paletti posti da Renzi e salva anche la richiesta maggioritaria, e trasversale, dí preservare il diritto degli elettori a scegliere i propri rappresentanti. Potrebbe essere questa la soluzione finale del rebus sul Senato che verrà. Per fare avanzare «la mediazione» è all`opera da tempo un gruppo di «facilitatori». Tra questi Francesco Russo, senatore Pd, già consigliere di Enrico Letta e membro della commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. È convinto che anche Vannino Chiti potrebbe ritrovarsi in una proposta ben presente ai due relatori, Finocchiaro e Calderoli, e al ministro Boschi. «È diffusa l`esigenza che il Senato assuma protagonismo in relazione alla riforma, così come diffuso è l`apprezzamento per le aperture del governo – spiega Russo Siamo ottimisti sul fatto che le posizioni possono convergere».
I tempi stringono però, ce la farete ad approvare la riforma entro il 25 maggio?
«Vogliamo accettare la sfida. La velocità non è dettata dai tempi delle europee ma dal fatto che oggi soltanto il 3% dei cittadini esprime fiducia nel Parlamento e nei partiti. Una buona riforma serve a recuperare fiducia nei canali di rappresentanza. Queste preoccupazioni accomunano le posizioni di Chiti e quelle del governo, quelle della maggioranza e di settori importanti dell`opposizione. Esistono le condizioni per approvare la riforma, almeno in commissione, entro il 25 maggio. L`unico vero ostacolo è l`ostruzionismo del M55».
Che tipo di Senato potrebbe venir fuori a questo punto?
«Penso che si possa agire dentro i quattro paletti posti da Renzi. Superiamo il bicameralismo perfetto, ma manterremo per il Senato un ruolo importante. Né voto di fiducia, né voto al bilancio, né reintroduzione di fondamentali fette di legislazione. Il Senato avrà competenza sulle leggi costituzionali, come prevede il governo, ma potrà occuparsi anche di leggi elettorali, di enti locali, di accordi internazionali, di rapporti tra Stato e Regioni. Tutto ciò salvaguarda l`impostazione di Renzi».
Ma Chiti chiede un Senato di garanzia…
 «Dovrà essere uno strumento di garanzia importante ridefinendo le soglie per eleggere il presidente della Repubblica, i membri della Corte costituzionale, del Csm, ecc. Le autorità di garanzia sarebbero di competenza del Senato, come si riportano a Palazzo Madama anche le commissioni d`inchiesta e i poteri per la valutazione delle politiche pubbliche. Molte di queste cose sono largamente condivise in commissione e si registra un`apertura del governo. La vocazione principale del nuovo Senato, però, potrebbe essere quella di ‘Camera europea’. Una istituzione molto moderna che valuta gli impatti della legislazione Ue e costruisce l`interfaccia con il Parlamento europeo».
Sull`inelegibilità il governo non cambia idea però…
«Si registrano anche qui molte convergenze in realtà. È necessario, innanzitutto, che i nuovi senatori abbiano il tempo di occuparsi dei compiti importanti che il nuovo Senato comporta…».
Niente sindaci e governatori, quindi?
«L`obiettivo dovrebbe essere quello di creare una seconda Camera delle Regioni, va privilegiato il numero dei loro rappresentanti rispetto ai sindaci. Perché non si determini una istituzione ‘dopolavoristica’ – oltre alla parità di genere, alla riduzione delle nomine che spettano al Capo dello Stato, al riequilibrio delle Regioni sulla base della popolazione – va evitata la duplicazione di cariche».
E come verrebbero nominati i membri del Senato?
«Potrebbero essere eletti direttamente dai cittadini chiamati alle urne per rinnovare i consigli regionali. Avremmo consiglieri regionali con il compito specifico di rappresentare la propria comunità in Senato. Non dovranno assumere compiti di giunta o di commissione. Potrebbero essere individuati e votati ‘a latere’. In un apposito listino di coalizione o di partito per esempio».
 Gli elettori voterebbero consiglieri regionali e consiglieri ‘senatori’?
«Sì. Questi ultimi sarebbero consiglieri regionali a tutti gli effetti, ma nella divisione dei compiti avrebbero l`incarico specifico di sedere in Senato. Sarebbero pagati dalla loro Regione e non ci sarebbero aggravi di spesa. Una soluzione di questo genere non smentirebbe l`impostazione originaria del governo. Che, a questo punto, potrebbe raccogliere il lavoro proficuo fatto fin qui della commissione, potrebbe avanzare una seconda versione della propria proposta e far procedere su quella base il dibattito in vista del voto definitivo. Il governo manterrebbe il proprio protagonismo, i firmatari della proposta Chiti potrebbero veder raccolte molte loro istanze e si potrebbero determinare proficue convergenze facendo un passo in avanti. Non ci sarebbero così né vincitori né vinti».

Ne Parlano