“Per noi versare latte è come far scorrere il nostro sangue”. Il grido di dolore dei pastori sardi sta risuonando in questi giorni nel nostro Paese. È una protesta che nasce dal basso e che lancia un segnale di allarme perché le politiche economiche fallimentari, messe in campo dal governo gialloverde, hanno devastato l’economia reale. È un pezzo di Paese che si è staccato da una narrazione fatta di tanta propaganda ma di poche soluzioni e risposte concrete.

Il clima sociale si sta pericolosamente avvelenando anche a causa del rancore con cui ci si scaglia sui problemi del Paese gridando al complotto e alle colpe degli altri. Sui migranti, per esempio, la linea scelta da Salvini è quella della durezza e della demonizzazione.

Sull’economia e sul lavoro Di Maio e i 5 Stelle guidano ogni giorno un attacco frontale contro figure e organismi tecnici terzi, provando a fare un all-in anche su chi è chiamato a un lavoro di controllo e vigilanza.

Il tentativo è quello di legare tutto alle poltrone come nel caso della Consob: la forza politica dell’anti-casta ha ceduto il passo a tatticismi e a scelte che non tengono conto del valore ma solo delle convenienze. La battaglia contro l’Europa, l’incertezza su alcune vicende internazionali come il Venezuela, rendono evidente la necessità di coprire i problemi facendo la voce grossa contro tutti.

Cosa rimane oltre i toni minacciosi? La questione dei pastori sardi è una rabbia legata a un disagio autentico, quello di chi si ritrova in tasca 60 centesimi per un litro di latte ed è addirittura impossibilitato a portare avanti il proprio allevamento. Il tema è quello delle soluzioni da individuare. Non servono le passerelle dei politici, ma una politica che sia in grado di esercitare la funzione a cui è chiamata, nei toni cosi come nei contenuti.

Questi problemi sono dovuti anche a una politica economica sbagliata che ha come bandiera una misura assistenzialista che mischia colpevolmente politiche di contrasto alla povertà e politiche attive. Ilreddito di cittadinanza non risolverà i problemi del Paese e rischia di avvelenare ulteriormente il clima, dando un bel colpo all’economia.

La mobilitazione del settore agricolo sardo, e non solo, sta smascherando un esecutivo che sta tacitando chi deve trovare lavoro invece di curare la vera occupazione. Le condizioni lavorative sempre più drammatiche si ritorceranno contro chi pensa di stimolare nuove assunzioni, ma in realtà, le disincentiva.

Le proteste che aumentano stanno rompendo la cupola di vetro nella quale il governo pensa di stare al sicuro quando invece un intero Paese sta alzando la voce per far capire che il cambiamento sta fin troppo tardando ma, molto più probabilmente, è un’altra cosa.


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