Alessandro Alfieri, senatore, capogruppo del Partito Democratico alla Commissione Esteri di Palazzo Madama e responsabile Riforme e Pnrr nella segreteria nazionale del PD.
Per le posizioni assunte su Israele e la Palestina, come per aver sostenuto i 5 referendum, la segretaria del Pd Elly Schlein è stata accusata di massimalismo pacifista, di subalternità a Landini, Conte e Fratoianni, di non avere cultura di governo. Siamo di nuovo al “tiro al segretario”?
Sinceramente questa descrizione mi sembra una caricatura che non tiene conto del lavoro che stiamo facendo. Siamo reduci dal dibattito con la Meloni in cui il PD ha presentato le sue proposte in modo chiaro e condiviso. Continuare a sostenere con ogni mezzo necessario l`Ucraina e condannare in maniera ferma i crimini di guerra perpetrati a Gaza da Netanyahu. Le violazioni del diritto internazionale e delle regole alla base della convivenza fra i popoli vanno denunciate, per coerenza, a prescindere da chi le compie. Altrimenti si perde in credibilità. Così come abbiamo fatto bene stigmatizzare le violazioni degli impegni presi sul nucleare da Teheran e il molo destabilizzatore in Medio Oriente dell`Iran e dei suoi proxy e allo stesso tempo a richiamare il governo ad un`iniziativa congiunta europea per riportare le parti al tavolo dei negoziati.
E per quanto concerne i referendum?
Sui referendum la questione è completamente diversa e non farei confusione. Diciamo innanzitutto che i 14 milioni di elettori vanno rispettati, al di là del voto espresso, perché il referendum è un esercizio di democrazia. Chi a destra parla di spreco di denaro, con- fonde lo spreco con il costo della democrazia. Personalmente penso che la strada maestra per affrontare le sfide del mondo del lavoro di oggi, a partire dal livello dei salari, sia il Parlamento. Dopodiché, se tali temi vengono posti dalla Cgil un grande partito di sinistra come il PD non può non esprimere il proprio orientamento su quesiti che toccano temi centrali della nostra proposta politica. E come penso sia stato giusto che il PD indicasse la propria posizione, allo stesso modo ho ritenuto corretto che non si chiedesse di applicare quelle posizioni a chi, in passato, nello stesso partito, aveva sostenuto il Jobs act. Ora dobbiamo fare nostro il messaggio che arriva da milioni di persone di una maggiore attenzione sui temi del lavoro.
Cosa dovrebbe distinguere, a suo avviso, un partito aperto, plurale, da una consorteria di correnti dedite alla loro riproduzione?
Nei discorsi pubblici della nostra classe dirigente sento sempre dire che siamo contrari ai partiti personali. Sottoscrivo, ben sapendo che in una società sempre di più disintermediata la figura del leader è fondamentale non solo per quel che propone ma anche per i valori e i sentimenti di appartenenza che evoca. In questo contesto i partiti hanno assunto tutti, con intensità diverse, tratti leaderistici. La sfida di oggi è come coniugare le potenzialità di una leadership più identitaria con l`apertura e il pluralismo che hanno rappresentato tratti costitutivi del PD fin dalla nascita. Per quello non bisogna avere paura di aree politico culturali che alzano l`asticella del confronto sul merito contribuendo alla costruzione della proposta politica del PD. Esercizio difficile, perché quando si prova a farlo, c`è sempre chi prova a strumentalizzarlo, nei media e anche nel confronto interno, in un`ottica anti-leadership. E alla fine si perde in qualità del confronto interno ad una comunità, ingrediente fondamentale per tenerla viva. Ed è invece proprio nello scenario in cui non si discute con franchezza e apertamente che prosperano le piccole correnti tese all`autotutela.
Il Medio Oriente è esploso. Il ministro degli Esteri Tajani ripete in ogni dove la parola de-escalation, lo stesso fa la presidente del Consiglio. Ma le parole non fermano le bombe.
Gli Iraniani hanno violato gli impegni presi con l` AIEA e con quel che resta del JCPOA sul nucleare iraniano. Allo stesso tempo è di tutta evidenza che la sicurezza e la stabilità del Medio Oriente non la garantisci con ulteriori interventi militari e sganciando bombe, ma costruendo una forte cooperazione con i principali Paesi europei e i Paesi moderati del Golfo. Esercitando il massimo della pressione per far ripartire il tavolo dei negoziati, stanando ambiguità e rinvii degli Iraniani finalizzati a far scadere il pesante sistema di sanzioni che scatta in caso di violazioni gravi dell`accordo sul nucleare iraniano. Il Governo italiano non può continuare a stare defilato: deve lavorare a stretto contatto con i principali Paesi europei che hanno condannato le violazioni iraniane sul nucleare e allo stesso tempo lavorano per far ripartire i negoziati tenendo aperti canali di dialogo. Unico modo per favorire la de escalation, altrimenti è retorica. E mi lasci aggiungere una riflessione…
A lei la parola…
Ancor più degli attacchi `telefonati` tra Iran e USA mi preoccupa il rischio che la destrutturazione dei cardini del diritto internazionale, la delegittimazione delle istituzioni multilaterali e lo sdoganamento del linguaggio violento impressi da Trump producano minacce asimmetriche. Può darsi che si arrivi alla tregua, forse anche alla pace, ma la situazione di instabilità e di caos che si sta creando nella comunità internazionale può creare il terreno fertile per le azioni di lupi solitari, cellule dormienti e di organizzazioni terroristiche, anche non legate all`Iran; non vogliamo rivivere una fase drammatica che abbiamo già vissuto in Europa. Per questo serve una soggettività europea sui temi della difesa e della sicurezza del nostro continente, analoga a quella che sta negoziando con una voce sola sui dazi arginando il clima di incertezza e confusione alimentati da Trump.
Chi denuncia la pulizia etnica in atto a Gaza, è passibile dell`accusa di antisemitismo?
In tutte le occasioni abbiamo denunciato con nettezza gli attacchi terroristici del 7 ottobre da parte di Hamas così come abbiamo detto che appoggiamo il piano arabo per ricostruire Gaza senza che Hamas abbia alcun molo. Allo stesso tempo continuiamo a batterci per fermare la tragedia umanitaria a Gaza e a condannare i crimini di guerra perpetrati dal governo israeliano che non possono trovare alcuna giustificazione. L`antisemitismo va combattuto con una battaglia culturale ad ogni latitudine, ci facciamo i conti ogni giorno. E un fuoco che purtroppo continua ad ardere. Le azioni dissennate di Netanyahu, Smotrich e Ben-Gvir purtroppo oggi rappresentano combustibile su quel fuoco, mettendo in pericolo le comunità ebraiche in tutto il mondo. Anche per questo va fermata la tragedia umanitaria che sta dilaniando Gaza e i suoi abitanti.
Secondo una certa vulgata politicista, “riformismo” è sinonimo di “moderatismo”. Lei che di quell`area Dem è uno dei leader, si ritiene un moderato?
Le etichette lasciano il tempo che trovano. Mi ritengo un riformista di centrosinistra, appassionato da tanti anni di politica, consapevole di essere un privilegiato perché la mia passione, soprattutto quella per la politica estera, è diventata anche impegno professionale. Amo stare sui contenuti, non amo la radicalizzazione delle posizioni, quelle ideologiche che finiscono per schiacciare il merito delle questioni. Continuerò a battermi per un PD plurale con cultura di governo.
Siamo in prossimità di una importante tornata di elezioni amministrative. Con quali alleanze provare a vincere?
Le elezioni amministrative si vincono con candidati e progetti credibili sostenuti da coalizioni di centrosinistra aperte a movimenti civici. È evidente che le prossime regionali saranno l`ultimo test elettorale importante in vista delle elezioni politiche. Abbiamo quindi il dovere di coinvolgere tutti i soggetti che vogliono costruire un`alternativa credibile al governo Meloni. Senza veti e contro veti, ma con senso di responsabilità verso il Paese.