Veniamo subito al dunque, senatore Alfieri il no alle armi all`Ucraina e il no alla commissione Ue guidata da Ursula von der Leyen sono per Giuseppe Conte «punti assolutamente discriminanti» per fare alleanze alle politiche. Che si fa?
Noi pensiamo che essere progressisti è non girarsi dall`altra parte davanti all`aggressione brutale della Russia al popolo ucraino e a gravissime violazioni dei diritti umani. E non voltarsi dall`altra parte significa stare dalla parte delle democrazie liberali. Poi è chiaro che il sostegno al popolo ucraino, non solo militare ma anche economico, deve essere portato avanti parallelamente alla costruzione delle condizioni per la pace, ma pace giusta e non resa. L`esasperazione del tema degli aiuti militari e del “riarmo” denuncia a mio avviso la difficoltà del M5s a ridisegnare una propria identità e l`urgenza di recuperare i consensi perduti: dal punto di vista politico si può anche comprendere, ma non bisogna tirare troppo la corda perché ne va della possibilità di costruire un`alternativa credibile. Per altro l`iniziale maggiore investimento che richiede la costruzione di una difesa comune europea porterebbe da una parte a risparmi futuri, dall`altra a una maggiore autonomia strategica rispetto agli Usa pur nella leale collaborazione all`interno della Nato (prima della guerra in Ucraina 60% della spesa militare andava fuori dall`Ue, in particolare verso gli Usa, dopo la guerra addirittura l`8o%). Quanto alla commissione Ue, se fosse saltata avremmo fatto un regalo enorme a Putin e a chi punta ad indebolire le istituzioni comunitarie. Noi del Pd ci siamo fatti carico di questa responsabilità, consapevoli di essere la prima delegazione nel gruppo dei Socialisti e democratici.
Sostegno a Ucraina e commissione Ue sono dunque per voi, a vostra volta, punti non negoziabili?
L`appartenenza al fronte delle democrazie liberali che oggi è rappresentato dal sostegno all`Ucraina, così come l`investimento nella difesa europea per fare un passo in avanti decisivo verso l`Europa politica, sogno dei padri fondatori, sono dalla fondazione tratti distintivi del Partito democratico. Su questo siamo sempre stati coerenti, non può essere questo il discrimine per fare l`alleanza.
A volte si ha l`impressione che, forse per timore di perdere voti in un elettorato ancora molto “and”, Conte l`alleanza non voglia farla proprio.
Meglio guadagnare un paio di punti in più restando all`opposizione o mettere in conto qualche perdita andando però al governo e dando risposte alle nostre battaglie sulla tutela della sanità pubblica, sull`istruzione, sul sostegno ai redditi? Con i veti e i diktat non si va da nessuna parte. Dobbiamo guardare avanti se vogliamo costruire un`alternativa al governo Meloni. Come abbiamo fatto in Emilia-Romagna e Umbria: candidati credibili e alleanza larga su un progetto condiviso. Certo, a livello nazionale è più difficile ma non c`è alternativa. Serve responsabilità da parte di tutti.
Ultimamente si sente spesso parlare della necessità di una gamba di centro del centrosinistra…
Io continuo a pensare che il Pd debba essere fino in fondo quel partito plurale, riformista e popolare che abbiamo fondato nel 2007 e debba dunque avere l`ambizione di rappresentare anche il mondo moderato e cattolico che non si riconosce in questa destra. In questo senso, il protagonismo dei riformisti è all`altezza della sfida se partecipa a definire l`agenda del Pd con idee e proposte, dalla politica estera alle riforme, dai temi della crescita e dello sviluppo sostenibile a quelli della sicurezza. Grande rispetto, comunque, per esperienze che dovessero nascere al di fuori del Pd. Con un`unica avvertenza: le leadership si forgiano nella battaglia politica, non si costruiscono in laboratorio.
Dovrà essere il Pd ad esprimere la premiership?
Conte, ad esempio, contesta questo principio. Conte può dire quello che vuole, fa il suo. Noi facciamo il nostro. Se continueremo ad essere attrattivi e convincenti nei confronti della società italiana il problema non si porrà neanche.


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