«Era meglio il presidenzialismo di questo premierato pasticciato che propone la destra», dice Alessandro Alfieri, senatore del Pd e responsabile Riforme nella segreteria di Schlein.
Perché meglio il presidenzialismo?
«Perché la proposta peggiore che si potesse mettere in campo è l`elezione diretta del premier. Indebolisce la figura del presidente della Repubblica, che diventa residuale. E svuota di poteri il Parlamento, perché mette in campo un presidente del Consiglio da cui dipende il destino della legislatura. Il presidenzialismo, che pure non condividiamo, necessiterebbe invece di una riforma delle prerogative delle Camere, sul modello degli Usa. Insomma, si otterrebbe un riequilibrio dei poteri. Poi faccio notare che non esistono Paesi occidentali con l`elezione diretta del premier. Un motivo ci sarà».
Il Pd però un tempo accarezzava l`idea del “sindaco d`Italia”…
«Sono passati tanti anni: una stagione passata, chiusa».
Perché?
«Perché il mondo nel frattempo è attraversato da profondi cambiamenti. La società di oggi ha bisogno di essere tenuta insieme. Serve una figura terza, come il presidente della Repubblica, con le prerogative attuali, che abbia il compito di mediare tra le conflittualità di una fase caratterizzata dalla transizione ecologica e digitale. Dove questa figura non è prevista, abbiamo assistito a reazioni violente rispetto alla polarizzazione politica, anche in democrazie mature: dall`assalto a Capitol Hill, negli Usa, alla Francia alle prese con scioperi interminabili».
Il Pd di oggi che propone?
«Capiamo che una domanda di stabilità c`è. Dunque si possono rafforzare le prerogative dell`esecutivo, con la sfiducia costruttiva, per esempio. Guardiamo con interesse ad istituti presenti nei modelli tedesco e spagnolo. Prendendo spunti da queste tradizioni, si può costruire un modello italiano. Allo stesso tempo va tutelata la funzione legislativa del Parlamento, limitando la decretazione d`urgenza e stabilendo un canale preferenziale, con i provvedimenti da votare a data certa, senza ogni volta invocare emergenze per bypassare le Camere. Poi va superato il bicameralismo paritario, con una Camera delle Regioni per coinvolgere il sistema delle autonomie locali nelle scelte dello Stato centrale».
Fdl, col capogruppo Foti, propone a una legge elettorale col ritorno delle preferenze. Il Pd ci sta?
«Schlein, all`incontro con Meloni a Palazzo Chigi, è stata molto netta: dobbiamo superare i listini bloccati. Quindi siamo più che disponibili a confrontarci, anche sulle preferenze. Si vota con le preferenze ovunque, dalle Comunali alle Regionali, alle Europee. Perché per il Parlamento no? Poi nel Pd c`è una discussione aperta su quale sia il modello migliore, per superare i listini bloccati. Si può parlare anche di collegi, uninominali o plurinominali, purché siano per territori piccoli, per garantire il legame eletto-elettore».
La battaglia contro le riforme di Meloni potrebbe compattare ulteriormente le opposizioni, da Calenda a Fratoianni?
«Mi pare che sul no al premierato con l`elezione diretta si stia rivedendo il formato-salario minimo. Da Azione ai 5 stelle».
Dal campo largo al comitato per il no al referendum?
«Presto per dire questo. Io continuo a pensare che si debba andare al confronto con la maggioranza, prima di alzare gli scudi».
Meloni vi deve riconvocare, come minoranze?
«Aveva preso questo impegno. Se è un confronto vero non basta un incontro solo. Altrimenti sarebbe una passerella».