Abbiamo veramente sbagliato o avevamo visto giusto affermando l’impossibilità di un governo con i 5Stelle per la natura stessa di quel Movimento e dei suoi esponenti (che adesso si rivela pienamente)? E che non poteva essere un’alleanza di vertice – quasi si trattasse di mettere d’accordo i livelli notabilari – la via per parlare a quegli elettori che il 4 marzo ci avevano voltato le spalle. Avevamo visto giusto, e questo ha significato salvare il Pd.
Provo a mettere in fila le cose. Il primo atto di questo Governo, nel senso proprio del termine, è stato il Decreto Dignità. L’obiettivo era abolire il precariato. E’ stata la prima volta, nella storia della nostra Repubblica, che a licenziare le persone non sono state le imprese ma un atto del Governo.
La Manovra
Quindi la Manovra, anticipata da cori e spumante sul balcone di Palazzo Chigi, che “aboliva la povertà per decreto”. Da quello che risulta non è ancora chiaro come. La misura verrà, dicono, esplicitata da un successivo decreto ad hoc. In ogni caso ad essere coinvolti in prima linea non saranno, come dovrebbe essere, i servizi sociali dei Comuni ma i Centri per l’impiego una volta riformati. Un ibrido pasticciato tra welfare, occupazione, consumi. Di certo, utilizzerà le risorse del Rei: essendo una misura che stava funzionando, è abolito.
Decreto Genova
Dunque Genova. I giorni successivi il crollo devastante del Ponte Morandi sembrava che si fosse dovuta scatenare la guerra più feroce contro i concessionari. I volti di Di Maio, Salvini, Toninelli, si rincorrevano sui social. Spettacolo a dir poco raccapricciante. Entro un anno la ricostruzione del Ponte, da cui per decreto fb si escludeva qualcuno e si contemplava qualcun altro, era tassativamente assicurata.
Le cronache di queste settimane e le immagini di Genova in questi giorni sanciscono la totale assenza da ogni radar del Ministro Toninelli, quello che pensava a un ponte per famiglie e bambini, e ci dicono di una città determinata a fare da sé per quanto possibile, di un Governo che non trova più interessante considerare questa una assoluta priorità nazionale, di un Decreto dove è stato messo dentro di tutto ma soprattutto il condono edilizio di Ischia, di una ricostruzione che assume contorni sempre più vaghi.
Infine Ilva e Tap
Su Ilva hanno giocato scelleratamente fino a settembre scorso. Su Tap fino a ieri. Perché è proprio su Ilva e su Tap che il Movimento 5Stelle ha costruito una campagna politica, mediatica ed elettorale violentissima, accusando chiunque non la pensasse allo stesso modo delle peggiori nefandezze e complicità, costruendo e additando in noi dei “nemici” alla stregua di assassini pericolosi. Tranne poi sottoscrivere l’accordo di rilancio dell’Ilva fregiandosene e annunciando la realizzazione di Tap con una clamorosa quando prevedibile marcia indietro dopo aver garantito in mezzo mondo la realizzazione dell’infrastruttura continuando a imbrogliare e gabbare istituzioni territoriali e movimenti.
Di cosa c’è ancora bisogno, radiazione del Mezzogiorno inclusa da Manovra e agenda politica, per considerare Di Maio, Lezzi & compagni, una classe dirigente all’arrembaggio, impreparata e arrogante, pericolosa, e questo un populismo straccione, che non riesce a considerare il sistema-paese un bene comune?
Come rilanciare l’impianto riformista del Pd
In questo momento così delicato per la vita del nostro Paese, credo allora che l’ultima cosa da fare sia, per quanto ci riguarda, additare capri espiatori rinnegando l’impianto riformista del lavoro speso in questi anni al Governo del Paese (che non porta la firma di uno solo ma dei molti che vi hanno contribuito). I capri espiatori possono magari essere utili a qualcuno, forse risolvono alcuni problemi immediati di sopravvivenza politica, di certo non determinano strategie politiche né risolvono il problema – serissimo – di come si riconquista autorevolezza nel Paese e, non sia mai, egemonia politica.
Il punto vero è, io ritengo, questo: come rilanciamo il nostro impianto riformista e come stiamo nei processi, nel Paese e in Europa, che scorrono sotto i nostri occhi e che magari potremmo anche provare a determinare? Quelli che nei prossimi mesi ci porteranno al rinnovo del Parlamento europeo e quelli che definiscono giorno dopo giorno l’opposizione a questo governo nel Paese e in Parlamento. Quando i nostri iscritti e il nostro popolo chiede unità io ritengo, umilmente, che chieda questo. Non finto unitarismo, non mezze pacche sulle spalle. E l’unità non può essere un mezzo, per cui facciamo un Congresso fingendo di “volerci bene” senza riconoscerci, ma un fine, la sintesi che il risultato del Congresso consegnerà ad ognuno di noi e alla nostra comunità politica.
Ecco perché credo nei Comitati civici, se sono utili a costruire senso e luogo comune. E se sono un mezzo, non l’unico ma sicuramente importante, con cui ricominciare a parlare con pezzi di società civile che non ne può più di liturgie fini a se stesse. Se diventano pezzi di aggregazione per un progetto più ampio e politicamente incisivo di cambiamento e trasformazione.
Radicalità per me è questo. Come costruiamo strumenti per camminare con pezzi di società che indipendentemente da noi, e dalle nostre analisi, è già dentro il cambiamento. E come tenere insieme la trasformazione e il nuovo e quello che invece, sentendosi fragile ed esposto, ha paura.
E’ questo, elettivamente, il nostro campo d’azione, qui sono le nostre alleanze. Oggi c’è un paese che sta pagando a carissimo prezzo il costo dell’immaturità e del cinismo di chi ha illuso che gridare nelle piazze, incitare all’odio e al rancore, additare tutti gli altri come collusi e nemici, garantisse automaticamente buon governo. Ritornare a parlare con questa parte del paese sarà sicuramente difficile: è il nostro compito.


Ne Parlano