«L’Italia è tra le potenze economiche mondiali eppure ancora oggi si muore sul posto del lavoro. Questa situazione non è tollerabile. Lo Stato deve decisamente intensificare la lotta alle morti bianche con un mix di prevenzione e formazione». La ministra delle Politiche agricole Teresa Bellanova, sessantuno anni, già viceministra dello Sviluppo economico e sottosegretaria al Lavoro, è rimasta scioccata per la tragedia dei quattro operai morti a Pavia.
Com`è possibile che il nostro Paese sieda tra i grandi del mondo ma debba ancora fare i conti con decessi di questo genere?
«Questa è una delle sfide più importanti che abbiamo davanti. Lo Stato deve fare il possibile affinché il lavoro tuteli la vita delle persone. Non si dovrebbe mai morire di lavoro, ancor più in un Paese sviluppato come il nostro. Ma le lacune esistono e vanno colmate: il governo, le istituzioni, le aziende, i sindacati devono lavorare insieme. La vera emergenza dell`Italia non è l`immigrazione, ma il lavoro. E il lavoro deve migliorare la qualità della vita non diventare causa di sofferenza o di morte».
In che modo si può intervenire?
«Credo che l`unico binomio in grado di vincere questa battaglia sia quello di formazione e prevenzione. Dobbiamo spingere con vigore per la formazione nelle situazioni con criticità produttiva e quelle con manodopera straniera. Perché anche gli stranieri devono essere informati e protetti negli ambienti occupazionali. E spesso questo purtroppo non avviene».
Ritiene che il progetto debba riguardare sia i lavoratori che gli imprenditori?
«Certamente: i datori di lavoro devono essere i primi a essere formati sulle condizioni di sicurezza in cui operano i propri dipendenti. Per non parlare dei casi, come questo dell`azienda agricola di Pavia, in cui gli imprenditori sono al tempo stesso lavoratori. Naturalmente il mio primo pensiero va alle famiglie delle quattro vittime, ma subito dopo ribadisco l`importanza della sicurezza sul lavoro che considero un diritto assolutamente irrinunciabile. Per questo motivo dobbiamo fare ogni sforzo per garantirlo. Non conosco i dettagli dell`incidente accaduto a Pavia, non so quindi se e in quale misura siano state rispettate le norme di sicurezza, ma è certo che la preparazione in materia di salute e salvaguardia è quanto mai preziosa».
Ma il governo ha risorse adeguate per gestire questa emergenza con idonei strumenti di formazione e prevenzione?
«Abbiamo a disposizione circa dodici-quattordici milioni di euro da spendere per la formazione. E se, come temo, non dovessero essere sufficienti, dobbiamo investire di più. Deve essere una delle nostre priorità, se sarà necessario intervenire in maniera più massiccia non dobbiamo tirarci indietro».
Ha in mente qualche strumento in particolare per affrontare il problema?
«Innanzitutto corsi di formazione sulla prevenzione da parte di personale qualificato nelle aziende, anche in quelle di piccole dimensioni. Ma sarebbero molto utili anche degli slogan stile Pubblicità progresso. Per la sicurezza sul lavoro in termini di tutela della salute e della vita, ma anche per quanto riguarda il contrasto al lavoro nero, al caporalato. Per far comprendere agli operai che non sono soli. Perché anche la battaglia al caporalato contribuisce a difendere i lavoratori: non dimentichiamo infatti che prolifera in mezzo alla mafia e alla criminalità organizzata. Bisogna quindi consentire alle aziende che lavorano nei confini della legalità di andare su una piattaforma per trovare i lavoratori. Se non lo fai, allora il caporale diventa l`unico mezzo».