“Il coraggio di una manovra economica è cosa ben diversa dalla guapperia politica, dalle minacce a chiunque non la pensi come te, dalla demonizzazione della stampa con cui anche stamane Di Maio insuffla di dichiarazioni i media dichiarando guerra oltre che all’Europa anche a quei commentatori politici ed economici che non abbassano la schiena. D’altra parte è indicativo che proprio il Ministro del Lavoro si rallegri per la riduzione degli organici di una testata giornalistica. Non lo definirei segno dei tempi ma più semplicemente barbarie”.
Così la Senatrice Teresa Bellanova, pochi minuti fa da Prato parlando con i giornalisti prima di partecipare al confronto “Ripartiamo dal lavoro”, dove discuterà con Antonello Giacomelli e Nicola Sciclone.
“E’ necessaria una fortissima dose di ottimismo, o di cinica furbizia, per definire questa manovra espansiva e le misure previste come misure per la crescita e lo sviluppo”, ha proseguito la Senatrice Bellanova. “Questa Manovra, va spiegato molto bene ai cittadini, non sostiene né la crescita né il lavoro, che probabilmente i 5Stelle non sanno nemmeno cosa sia e di sicuro non sono mai entrati in una fabbrica. Sì, esatto, quei luoghi dove si producono cose, per cui il nostro Paese è la seconda manifattura in Europa e la settima nel mondo. Un posizionamento che rischia di andare in malora se non si attivano misure adeguate.
E’ esattamente quello su cui daremo battaglia in Parlamento anche se è difficile parlare di lavoro e di sviluppo con chi non capisce la differenza tra internazionalizzazione e delocalizzazione, perché l’impresa che va a coprire nuove fasce di mercato per poter mantenere il lavoro in Italia non può essere criminalizzata e il Made in Italy che si sta rafforzando sui mercati internazionali va sostenuto concretamente, non con le chiacchiere. Senza erigere muri nazionalistici o insultare quotidianamente i paesi europei. Ne va della nostra economia e del rafforzamento dell’occupazione.
Noi abbiamo un testo caratterizzato da una visione dirigistica e assistenziale, del peggior dirigismo e del peggior assistenzialismo. E anche quando dicono di voler sostenere le fragilità sociali, di fatto considerano i potenziali beneficiari della misura alla stregua dei peggiori truffatori.
Il Paese ha bisogno di un approccio non assistenzialistico ma virtuoso: legando contrasto alla povertà, nuove forme di welfare territoriale e di servizi alla persona anche grazie alla riforma del terzo settore, rigenerazione fisica e sociale delle periferie – ma le risorse destinate sono già sparite -, politiche attive del lavoro, contrasto alla povertà educativa, fortissimo sostegno alla formazione e misure a favore della cosiddetta fascia giovanile inattiva, la cui incidenza è rilevante soprattutto nel mezzogiorno.
La mia esperienza mi avverte su quanto sia completamente illusorio e demagogico ritenere che la riforma dei centri per l’impiego, da sola, slegata da un investimento forte nelle politiche attive che nella Manovra è completamente assente, possa dare qualche risultato. Bisogna sostenere e rafforzare l’incrocio virtuoso tra domanda, formazione, offerta, qualità del mercato del lavoro.
Solo nel magico mondo della piattaforma Rousseau può accadere che chi produce debito distribuisca ricchezza. Nel mondo reale è il contrario. Chi glielo spiega a Di Maio?”