La manovrina è un tassello importante all’interno di una strategia di politica economica e sociale che si sta rivelando sempre più fruttuosa. Ora dobbiamo puntare a una manovra 2018 espansiva. E soprattutto a dare al paese stabilità politica». Ieri l’aula del senato ha votato la fiducia sul decreto correttivo dei conti pubblici che è così diventato legge. Giorgio Tonini, presidente della commissione bilancio del senato, vicepresidente dei senatori democratici, tira le somme di quattro anni di legislatura sul fronte dell’economia e delle riforme: «Altro che strategia mance e bonus, sono state messe in campo misure per la crescita e per la produttività del nostro sistema».
Domanda. Intanto avete dovuto fare una correzione dei conti.
R.
Sì, ma questa manovrina, che è nata per correggere un scostamento dagli obiettivi dello 0,2 del Pil, strada facendo è diventata qualcosa di più importante. Della clausola dei 20 miliardi per l’Iva, 4-5 sono stati disinnescati già adesso. Ne restano 15. Contemporaneamente c’è il negoziato in sede europea. Il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha chiesto di contemperare il consolildamento fiscale e la crescita e ha proposto alla commissione europea un obiettivo di riduzione del deficit meno forte di quello previsto dal Def.
D. Probabilmente l’l,7%.
R.
Sempre meno di quello di quest’anno. E così sarebbe coperta l’altra metà del costo delle clausole. Alla fine vanno trovati 6 miliardi circa.
D. Siamo passati da una legge di bilancio lacrime e sangue a una manovrina… Non è la stessa per la quale si doveva andare subito al voto perché il Pd non poteva reggerla nelle urne?
R.
Non c’è nessuna manovra draconiana in autunno da cui scappare per paura degli elettori. È una leggenda infondata.
I dati ultimi ci dicono che Italia è su un sentiero positivo di crescita, va allargato.
Domanda. Va finanziata la riduzione del cuneo fiscale per le assunzioni dei giovani. Quanto serve?
R.
Molto dipende da come si declina la misura, ma per essere incisivi servono almeno 4-5 miliardi. E si arriva a una decina in tutto. Una manovra fattibilissima. Siamo assai lontani dai tempi di Amato. Il vero rischio per l’Italia adesso è la stabilità, come ci ricorda l’Fmi. Cosa succederà dopo le elezioni: il paese sarà stabile e in grado di proseguire con le riforme o entrerà in confusione? Questo è il tema cruciale: il Pd vuole che l’Italia sia nel gruppo di paesi, con Francia e Germania, che sta lavorando per rilanciare l’euro e per rinnovare l’Europa stando nell’Europa con i piedi ben piantati.
D. Previsioni?
R.
L’unica politica seria è quella percorsa in questi anni, piccoli passi nella direzione giusta, come il montanaro. Di alternative non ne vedo.
D. Fregarsene dell’Europa e fare una manovra espansiva à gogo?
R.
Una manovra che vedrebbe subito l’Italia penalizzata dai mercati con spread alle stelle. Saremmo fuori.
D. Dai radar del dibattito politico di questi giorni è sparita la riforma elettorale.
R.
È difficile che si trovi una soluzione. Mi pare più credibile che si lavori a dei correttivi che consentano di avvicinarsi il più possibile a un sistema che dia chance di governabilità.
D. Camera e senato hanno due leggi diverse.
R.
Quando si perde è inutile prendersela con gli avversari, anche per nostri errori l’appuntamento del 4 dicembre lo abbiamo mancato e ora ci troviamo con regole che non aiutano.
D. Intanto si allarga lo sguardo ai possibili alleati, nel centrosinistra si torna a parlare di Unione.
R.
Quando Matteo Renzi dice che è pronto a valutare tutte le alleanze ma nel merito dei programmi ha ragione da vendere, le coalizioni vanno fatte per governare e non per vincere. Tra l’altro gli elettori non si fidano più di ammucchiate disomogenee, con venti simboli. Quella stagione è finita. Meglio presentarsi con pochi alleati ma selezionati in modo chiaro in base alle impostazioni politiche. Si è più credibili. Poi in parlamento si vedrà.
D. Sempre Renzi ha detto che non si può escludere che serva un accordo con Forza Italia.
R.
È così, le carte le daranno gli elettori. Si vedrà in parlamento cosa sarà necessario e possibile. Saranno anni decisivi in cui vanno fatte scelte dirimenti per il paese, serve responsabilità.
D. La fiducia alla manovrina è passata con soli 144 sì, 104 contrari. E 69 assenti, da Mdp a Fi. Vi hanno salvato.
R.
Istituzionalmente non è un caso. Politicamente è un campanello di allarme, una fiducia così bassa non può essere la regola. Ricordo che per alzare il deficit da 1,2 a 1,7 serve l’autorizzazione del senato con la maggioranza assoluta. Significa che i sì devono essere 161 e basta. La prossima manovra va costruita con molta attenzione e dedizione.


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