Francesco Boccia, il Pd è andato bene, i suoi potenziali alleati no. È un problema?
«Il problema principale per la politica, in Italia come in Europa, è la scarsa affluenza. La crescita del Pd è comunque essenziale in un Paese che altrimenti sarebbe già nelle mani di Giorgia Meloni. Schlein e tutto il partito hanno ottenuto un risultato importante. E lo hanno raggiunto facendo politica: se una forza progressista e di sinistra, in una fase in cui le diseguaglianze sociali aumentano, parla di sanità pubblica e di salario minimo, battendo l`Italia in lungo e largo, con candidature forti e plurali, i risultati arrivano».
I risultati, però, non sono arrivati per gli alleati…
«Il centrosinistra italiano esce dalle elezioni europee rafforzato. La somma dei partiti che componevano l`alleanza del 2022 è aumentata di oltre i milione di voti, grazie al successo di Pd e Avs. E se aggiungiamo ai voti di questa alleanza quelli dei partiti moderati, del movimento di Santoro e dei 5 Stelle, il totale è superiore ai consensi ottenuti dalla destra».
Il Pd ha più che doppiato il M5S, la questione della leadership è risolta?
«Noi abbiamo sempre e solo lavorato per l`unità della coalizione nel Paese e in Parlamento. Le leadership non si decidono a tavolino: le decidono gli elettori. Nella destra è sempre stato cosi. Prima con Berlusconi, poi con Salvini, oggi con Meloni. Noi, per parte nostra, continueremo testardamente a unire il fronte dei progressisti e dei liberaldemocratici per battere la destra a guida Meloni».
Il centro stenta.
«Non ho mai creduto che i partiti dipendessero dal leaderismo spinto, ma solo da idee forti e valori rappresentati da chi li guida. Dal 2019 dopo la nascita del governo giallorosso, sia Renzi che Calenda hanno avuto come obiettivo prioritario l`implosione del Pd più che la sconfitta delle destre. Noi rinnoviamo il nostro impegno per fermare le destre e il loro disegno culturale egemonico basata su un`idea di società
regressiva sui diritti e contraria allo sviluppo sostenibile in chiave europea».
Meloni è andata bene. È un dato su cui riflettere?
«Meloni, in valore assoluto, ha perso voti dalle politiche, ma è indubbio che abbia consolidato la sua leadership nella destra italiana. E lei la loro leader indiscussa ma proprio questo è il suo limite. In due anni ha governato da capo partito e non da presidente del Consiglio, pensando solo agli italiani di destra, come se non esistesse il resto d`Italia che rappresenta più della sua stessa coalizione. E in ogni caso la distanza tra Pd e FdI si è molto ridotta».
Avete detto mai con Meloni a Strasburgo e Meloni aveva detto mai con il Pd, ma finirete per votare insieme per la presidenza della Commissione europea…
«Confermiamo di non voler i loro voti in Ue. Abbiamo un`idea di Europa profondamente alternativa e le condizioni del manifesto firmato a Berlino il 4 maggio sono chiare: niente accordi con i nazionalisti».
La destra in Europa avanza…
«I socialisti mantengono sostanzialmente i numeri di 5 anni fa e si rafforzano nel sud dell’Europa e questo è un segnale per la centralità del Mediterraneo che va fatto pesare molto anche dentro le dinamiche del prossimo Parlamento Europeo. E la delegazione del Pd è la prima del gruppo del Pse, una responsabilità importante. Quanto a Meloni, è forte ma non è più forte il suo governo, che non esce affatto rafforzato da questo voto. Il nostro voto al Sud ci dice che l`autonomia differenziata leghista non piace. In Parlamento vedremo che la maggioranza su questo è divisa. E se Giorgia Meloni volesse dare un segnale di dialogo farebbe bene a bloccare lo scambio e a fermare anche il premierato. Per una volta i segnali italiani sono una speranza per l`Europa. Certo ancora deboli, ma sta all`opposizione trovare una strada che raccolga il consenso per rendere possibile un`alternativa, che può nascere solo attorno al Pd».