E meno male che Giorgia Meloni era amica di Trump», ironizza Francesco Boccia, capogruppo del Pd in Senato. Il rapporto privilegiato con il tycoon può penalizzarci?
«Quello che i sovranisti di casa nostra speravano non avvenisse si è puntualmente verificato: il principe dei nazionalisti ha fatto saltare gli schemi del mercato globale, è partito imponendo dazi del 25% a Messico e Canada, poi è passato alla Cina, infine ha attaccato il vecchio continente. E il bello è che, applicando la strampalata formuletta con cui li ha calcolati, se l`Italia non fosse stata in Europa ci saremmo beccati una tariffa persino più alta: il 24% anziché il 20. La Ue ci ha fatto da scudo».
Aver confidato in Trump ha ritardato la risposta italiana?
«Non c`è dubbio. Guardi cosa ha fatto Sanchez in Spagna. In attesa di una risposta europea è intervenuto intanto con un`operazione di difesa: ha stanziato 14 miliardi per proteggere i lavoratori e le imprese dei settori attaccati dai dazi e per contrastare la riduzione del portafoglio ordini nella meccanica, la metallurgia, l`agricoltura, la farmaceutica, il tessile, la moda… Noi invece, il nulla più assoluto. Ma anche il nostro sistema produttivo vorrebbe sapere come il governo Meloni pensa di tutelarlo. L`unica cosa che finora ha saputo dire è: non reagiamo. Ma non reagire non ferma la crisi delle aziende colpite». Nel governo non sono forse d`accordo sulla strategia?
«Hanno tre posizioni diverse anche su questo: la fedeltà cieca a Trump di Salvini, disinteressato ai danni per le imprese italiane; Tajani che fa l`europeista sottovoce; i silenzi sempre più imbarazzati e
imbarazzanti della premier»
Non sa con chi schierarsi?
«Meloni ha una maggioranza più anti-europea che europeista. È davanti a un bivio: dovrebbe dire a Trump che è in totale disaccordo con lui, varare misure per aiutare le imprese e guidare il gruppo di Paesi che in Europa si contrappone agli Stati Uniti. Invece lei sta facendo don Abbondio».
Non ha abbastanza coraggio?
«Il Pil mondiale è in calo, l`Italia che ha già una crescita bassa rispetto alle previsioni del governo (0,7 anziché 1,2) rischia di finire in recessione. Questo è il costo dell`amicizia con Trump».
Ma non fa bene ad andare il 16 dal presidente Usa?
«Rischia di subire un`altra umiliazione perché o Trump torna indietro sui dazi all`Europa o non è che se le fa uno sconto sul made in Italy abbiamo risolto i problemi».
Ma ha capito se va per conto dell`Europa o solo dell`Italia?
«Non lo sa nessuno perché lei, ripeto, è muta come un pesce. Ma se va per conto dell`Unione dovrebbe portare con sé la presidente della Commissione. Se invece va per conto dell`Italia e apre la stagione della negoziazione one to one fa un altro danno a noi e all`Europa. Se il nostro Paese ancora regge è perché stiamo nell`euro. Più si frammenta il fronte europeo più tardi riusciremo a mettere in campo interventi comunitari. Sarebbe uno sbaglio».
Perché?
«Serve compattezza. Solo un`Europa unita può consentire alla Bce di ritagliarsi uno spazio maggiore per abbassare ulteriormente i tassi d`interesse che sosterrebbero la domanda interna e metterebbero in difficoltà gli Usa».
La risposta migliore non sono i controdazi?
«No, è una doppia strategia. Quella che mi pare stia valutando la Commissione Ue: stilare una lista di dazi sulle importazioni Usa e subito dopo trattare con gli americani sull`azzeramento reciproco delle tariffe. Partendo dai settori che gli fanno più male come le Big Tech».
Pensa davvero che la ritorsione sia utile a far ragionare Trump?
«Se lui fa l`errore di chiudere dentro fili spinati di protezionismo l`economia e la finanza Usa saranno economia e finanza a farlo cadere».


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