Il Consiglio dei ministri ha approvato la bozza della riforma del ministro Roberto Calderoli sull’autonomia differenziata. Il senatore Francesco Boccia, responsabile nazionale Enti locali del Pd, annuncia battaglia e chiede ai presidenti dem delle Regioni e ai sindaci democratici di esprimere parere contrario in Conferenza Stato-Regioni e nella Conferenza unificata. Una sorta di barricata, insomma, contro la riforma che porta la firma del ministro leghista per gli Affari regionali.

Il Consiglio dei ministri ha approvato la bozza della riforma del ministro Roberto Calderoli sull’autonomia differenziata. Il senatore Francesco Boccia, responsabile nazionale Enti locali del Pd, annuncia battaglia e chiede ai presidenti dem delle Regioni e ai sindaci democratici di esprimere parere contrario in Conferenza Stato-Regioni e nella Conferenza unificata. Una sorta di barricata, insomma, contro la riforma che porta la firma del ministro leghista.

Senatore, cosa rischia la Puglia?

«Prima di tutto si rischia una frenata improvvisa di tutto il Paese: è un provvedimento che cristallizza le disuguaglianze già esistenti. La Puglia ha recuperato tanto in questi 15 anni, ma senza la perequazione dello Stato, e la redistribuzione delle risorse tanto invocata dalle Regioni del Sud, non può che restare indietro nei servizi anche essenziali. Alla fine avranno vinto i più ricchi, che con questa operazione pensano di schiacciare le parti più deboli del Paese non capendo che i primi a pagare il conto saranno loro».

In che senso?

«Perché nel breve periodo aumenterà la conflittualità istituzionale. E nel medio e lungo termine lo spopolamento delle aree più povere provocherà un’inevitabile impoverimento di tutto Paese. L’Italia riparte se si garantiscono i diritti universali in tutto il territorio nazionale. Avere le scuole a tempo pieno al Nord come al Sud è una cosa che fa crescere il Paese. Così come azzerare la mobilità passiva della sanità, che al Nord non vogliono perché ci guadagnano. Quello sulla mobilità passiva è stato un accordo vergognoso fatto alle spalle della sanità pubblica, voluto da gruppi di interesse che Regioni del Nord sostengono. E su questo ci vorrà una rottura anche nel mio partito, perché la mobilità passiva è sicuramente una vergogna»

Quali servizi sono a rischio per i pugliesi?

«A rischio prima di tutto la scuola, con meno servizi e investimenti. Il presidente della Lombardia, Affilio Fontana, non ha mai nascosto di voler regionalizzare la scuola. Secondo punto: la sanità. In questo settore Puglia, Lazio e Campania avevano fatto grandi passi, uscendo finalmente dal commissariamento portato dai governi di destra. Ora era arrivato il momento per recuperare il terreno e invece c’è il rischio di uno stop di fatto, perché il ministro Calderoli ha già confermato nella sua legge che non darà un euro. E poi saranno penalizzati i trasporti. È vergognoso che con la fiscalità generalizzata di tutto il Paese sia stata costruita l’alta velocità che collega solo il Centro-Nord: ora che tocca al Sud ci dicono basta. Quando nel dopoguerra fu costruita l’autostrada, l’Italia fu collegata da Nord al Sud».

Nella riforma vengono garantiti i Lep, ovvero i livelli essenziali di prestazione: non vi rassicura questo?

«No, perché secondo la legge Calderoli i Lep vengono definiti da un gruppo di lavoro del ministro e disciplinati con dpcm, un decreto del presidente del Consiglio dei ministri: quindi vengono costruiti sulla sabbia, dove un nuovo dpcm può cancellarli. Inoltre questa legge è molto chiara su due punti, che fanno chiaramente capire come si intende privilegiare le Regioni del Nord. Il primo è l’articolo 8, dove si dice che non ci saranno “maggiori onori a carico della finanza pubblica”: quindi lo Stato non metterà un euro per garantire i servizi. Non si parla assolutamente di risorse per i Lep. Il secondo punto è l’articolo 5, in cui su prevede che sorgano nuovi tributi locali. Basta questo per bocciare la riforma».

Ma l’autonomia differenziata è prevista dalla Costituzione.

«Certo. E la riforma del titolo V nel 2001 fu un errore. Sono sempre stato in disaccordo, però come tutte le modifiche costituzionali ci deve essere un adeguamento. Dopo 21 anni non si può tornare indietro, ma si può attuare rispettando tutta la Costituzione. Per noi resta cardine il principio della sussidiarietà e i nostri riferimenti vanno don Luigi Sturzo a Sergio Mattarella. Per i leghisti i simboli spaziano da Alberto da Giussano a Gianfranco Miglio: è inutile aggiungere altro».

Nel Pd c’è chi chiede l’autonomia differenziata come il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini.

«Io sto ai fatti, il Pd negli ultimi mesi si è unito intorno alla mediazione mia e del presidente Michele Emiliano. Abbiamo condiviso un documento unitario che è la sintesi della mia proposta sull’autonomia approvata nel 2020. Il Pd è rimasto prima vengono i Lep e le risorse per finanziarle, poi si discute sull’autonomia. E anche Bonaccini è d’accordo su questo».

Nel 2020, quando era ministro, anche lei aveva presentato una legge sull’autonomia e in molti l’accusavano di dividere l’Italia.

«La nostra era un’altra cosa, ispirata al principio di sussidiarietà. Ed ebbe un voto unanime della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza unificata perché garantiva tre cose: i Lep si facevano prima delle intese ed erano fissati con leggi dello Stato e non con decreto ispirato da Calderoli; secondo, stabilivamo le risorse e non come la riforma Calderoli; e infine prevedevamo un fondo di perequazione iniziale di 4 milioni 600mila già stanziati per le infrastrutture, e quindi trasporti».

Come opposizione che cosa farete a questo punto?

«Intanto noi chiediamo a tutti presidenti di Regione del Pd di esprimere contrarietà e non dare alcuna intesa alla riforma in sede di Conferenza Stato-Regioni e la stessa cosa chiediamo ai sindaci. Se dovesse arrivare comunque in Parlamento, anche contestata dagli enti locali, allora utilizzeremo tutti gli strumenti possibili per smontare una riforma che spacca l’Italia».


Ne Parlano