Enrico Borghi, senatore del Partito democratico e membro del Copasir, dice di essere sorpreso dal silenzio. «Perché nessuno parla di una vicenda importante e inquietante come quella di Artem Uss?
Perché il governo non sente il dovere di spiegare? Non parliamo di un`evasione di un detenuto qualsiasi. Ma di una figuraccia internazionale sulla quale ci devono essere delle parole della politica. E invece tutti fanno gli indifferenti. Io lo trovo incredibile».
Borghi dice una verità: fino a questo momento nessun esponente del governo Meloni ha sentito il bisogno di spiegare cosa è accaduto a Basiglio, provincia di Milano, quando all`indomani dell`ordinanza con cui la Corte d`Appello di Milano autorizzava la sua estradizione negli States, sospesa in attesa della Cassazione, Uss – il giovane oligarca accusato di crimini finanziari e considerato dagli States il regista della rete che procurava componenti hi-tech per gli armamenti più moderni usati dai russi in Ucraina riusciva a scappare grazie a un`esfiltrazione probabilmente organizzata da Servizi russi e ancora avvolta nel mistero. Una vicenda grave e forse senza precedenti sui quali è in corso un`inchiesta giudiziaria. Ieri +Europa ha presentato un`interrogazione parlamentare chiedendo la ricostruzione dei fatti al governo. Ed è possibile che se ne occupi il Copasir.
Borghi, perché ritiene così grave questa vicenda?
«Ci sono due piani della vicenda, secondo me. Il primo attiene la questione giudiziaria: c`era stata una richiesta di estradizione, la Corte di Appello l`aveva autorizzata, era stata decisa la scarcerazione in attesa della Cassazione perché, per fortuna, siamo in uno stato di diritto. Dopo, evidentemente, qualcosa non ha funzionato e ritengo che vada ricostruita la catena delle responsabilità, la trafila da quando sono stati disposti i domiciliari alla fuga. Io non ho elementi, non voglio accusare nessuno. Ma voglio capire, per esempio se c`è un baco nel sistema in modo da poter intervenire. Dopodiché esiste une secondo piano, politico».
Che c`entra scusi la politica?
«È una questione di postura. Sono tutti zitti come se non ci riguardasse, sembra essere tornati agli anni `70 quando il nostro era un Paese a sovranità limitata e ci rassegniamo all`idea che possano accadere cose come questa, che possiamo non essere in grado di ottemperare a un processo di estradizione. Da questa storia passa invece la credibilità del nostro Paese. E ritengo, purtroppo, che il silenzio non sia casuale».
Che vuole dire?
«Voglio dire che il governo è in una impasse. Da un lato c`è la premier Meloni che ha spinto l`Italia in una posizione come quella della Polonia: un atlantismo assertivo e non dialettico che fa rima con uno scetticismo europeo».
Che significa “atlantismo assertivo”?
«Che essere alleati non significa dire sempre di sì. Perché non facciamo bene ai nostri amici se non offriamo anche un altro punto di vista. Bisogna dire di sì, ma non sempre sì. Temo che Meloni stia commettendo questo errore gravissimo, spostando in questa maniera l`Italia dall`asse con Germania e Francia che, per esempio, nella vicenda ucraina potrebbero davvero essere i costruttori della pace. Mentre però Meloni commette questo errore i suoi alleati di Governo, Lega e Forza Italia, non perdono occasione per ricordare la loro amicizia con la Russia».
Da qualche ora lei non è più in segreteria del Pd, dove era responsabile della Sicurezza.
«Avrei voluto fare gli auguri al mio successore, ma mi sono accorto che non c`è… A parte le battute: io credo che la difesa, la sicurezza, l`interno e l`intelligence siano il cuore dello Stato. Voglio sperare che questo il mio partito non lo abbia dimenticato».