“Opzione Donna è già una gigantesca discriminazione contro le donne. Collegarla al numero dei figli è una discriminazione nella discriminazione: non pensavo fosse possibile”.

Susanna Camusso, ex segretaria generale della Cgil e ora senatrice Pd, valuta la prima legge di bilancio del governo Meloni come “triste e oscurantista, ci fa fare un improvviso salto all’indietro”.

Senatrice, perché un giudizio così forte?

“L’intera manovra è un’operazione di redistribuzione verso il basso. Si prende tra chi già fatica a farcela per dare, poco, ai più poveri ancora. Mentre si amplia la flat tax a 85 mila euro per le partite Iva. Basta farsi due conti su quanto pagano i lavoratori dipendenti di tasse sullo stesso livello di reddito”.

Ce l’ha con il taglio alla rivalutazione delle pensioni all’inflazione da 2 mila euro lordi in su?

“Si fa cassa tra chi con quella pensione regge figli e nipoti per finanziare l’ennesima “Quota qualcosa” che contribuisce a disarticolare e scardinare un sistema previdenziale avviato a diventare più flessibile con il contributivo. E invece si continua a irrigidire il sistema, fino a farlo diventare penalizzante per le persone. Sono stati capaci di mettere anche un tetto all’importo della pensione di chi sceglie Quota 41, oltre a quello dell’età a 62 anni. E di fare cassa pure sulle donne”.

Si riferisce a Opzione Donna con il triplice vincolo? Fuori a 58 anni se con due o più figli, a 59 con un figlio, 60 senza figli.

“Di fatto si alza l’età a 60 anni, discriminando una misura già di per sé poco usata perché molto penalizzante per le donne, visto che chi è costretta a sceglierla ci perde il 30-35% dell’assegno col ricalcolo contributivo. Forse si vuole recuperare qualche risorsa per finanziare il rialzo di pochi euro alle pensioni minime. Ma così si dimostra che in questo Paese la contribuzione delle donne vale meno di quella degli uomini. Perché la Meloni non ha fatto Opzione Uomo, come pure aveva detto di voler fare?”.

Invece ha introdotto il paletto dei figli.

“Verrebbe da dire che questa ossessione sul numero dei figli sta diventando un giudizio sulle donne. Come sempre dato per partito preso, con funzioni e ruoli assegnati alle donne senza attenzione alle loro scelte. In Opzione Donna con figli e senza viene usata male una rivendicazione fatta propria anche dai sindacati e dal movimento per le donne, cioè il riconoscimento del lavoro di cura delle donne. Ma lo si deve fare per farti andare prima in pensione, non per decurtartela o farti uscire dopo”.

Qual è il suo giudizio sul mese aggiuntivo di congedo parentale all’80% per le donne?

“Fa il paio con Opzione Donna. Si parla del congedo della donna e non dell’uomo, la conferma di un bisogno di tornare ai ruoli e alla società patriarcale. Anche qui si riaffaccia l’idea che ti riconosco se sei donna e fai figli, altrimenti non esisti. Un modo insopportabile di considerare la società che non si confronta con le difficoltà delle giovani ragazze a costruirsi un’indipendenza e un posto non precario e subalterno. Si continua a costruire un sistema in cui la maternità è solo un affare delle donne, anziché creare un obbligo pure sul lato maschile. Un arretramento culturale e anche discriminatorio nei confronti dei padri. Ma così il lavoro di cura non si ridistribuisce e rimane tutto sulle donne e gratuito”.

 

Si torna ai voucher. La sua Cgil li aveva combattuti con forza, vincendo quella battaglia. Le fa effetto?

“Benvenuto ‘800! Vogliono abolire il Reddito di cittadinanza come se la povertà, così alta e diffusa in Italia, fosse una colpa e non un dramma. E nello stesso tempo si fa finta di non vedere il lavoro povero, perché l’idea è che se sei povero è solo perché non lavori. Ignorando che si può essere poveri anche lavorando. E se vale questo, vale tutto. Anche la conferma delle forme più estreme di precarizzazione e mascheramento del lavoro nero, come il voucher”.

C’è anche un altro evergreen della destra: la social card.

“Il ritorno della social card mi fa sorridere, perché anche il Reddito di cittadinanza è una carta. Con una differenza fondamentale: con il Reddito ti do uno strumento e ti responsabilizzo nelle spese. Qui torniamo all’idea di Tremonti, della povertà come stigma, all’idea che era scandalo se compravi le scarpe al bimbo e non il cibo. Se poi la lotta all’inflazione si fa con i negozi amici del governo dove spendere con la social card, allora siamo di fronte a un corporativismo spietato e pericoloso. Mi chiedo infine: ma alzare il tetto al contante non doveva servire ai poveri? E gli diamo un’altra card?”.

 


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