“Affrontare nell’Aula del Senato il tema della violenza maschile contro le donne è di per sé un buon segno, perché significa continuare a interrogarci su quali norme siano necessarie per mettere in condizioni le donne di uscire dai percorsi di violenza. Si deve però fare grande attenzione a non spostare l’accento che deve rimane sulle donne, sulle loro volontà e difficoltà, con atteggiamenti di ascolto non giudicanti e di sostegno, e insistere sui tempi prescrittivi rischia di avere un tono giudicante. Se una donna dopo che il reato è emerso pensa che non sia utile, di non essere in grado, di non avere voglia di essere sentita subito dal pm, un problema da porci è: viene prima la nostra idea della norma o il rispetto di quella donna che ha bisogno di tempo per pensarci e magari per consolidare un atteggiamento di forza rispetto alle paure che possono emergere anche sul proprio futuro?” Lo ha detto in Aula la senatrice del Pd Susanna Camusso, che ha sottolineato: “ci ha lasciato davvero perplessi il rifiuto della maggioranza di esaminare questo ddl con quello della senatrice Valente, quello di Italia Viva e quello della presidente Bongiorno. Il rifiuto sembra dovuto alla volontà di mettere bandiere invece che affrontare i problemi concreti. Se abbiamo delle perplessità non stanno tanto nella norma in sé, per come è diventata visto che non è più la proposta iniziale, sono perplessità dovute a questa volontà di sezionare per pezzetti invece di affrontare il tema nel suo complesso e di farlo con una norma a rischio ulteriore di vittimizzazione secondaria e che preferisce la prescrizione del comportamento invece che la conoscenza del comportamento, che preferisce insistere sui giorni invece di domandarsi quale sia la strada migliore nell’indagine, se per esempio si sente la donna in 5 giorni, si ragiona in 7, e si prova a vedere quali siano i problemi. Se i tempi della giustizia sono un problema, è più efficace nel caso della violenza di genere porre attenzione sulla specializzazione degli operatori, sull’aumento degli organici e sulle risorse effettive, rispetto a premiare logiche che alla fine diventano punitive”.


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