Gli articoli da aprile a giugno 2012. Oltre 70 imprese controllate dai clan e dalle cordate politiche
Dall`aprile al giugno del 2012, fu Rosaria Capacchione, oggi senatrice del Pd, a sospettare per prima di irregolarità sugli appalti nella manutenzione del sistema idrico campano. Ne scrisse in alcuni pezzi pubblicati sul Mattino, parlando di interessi dei Casalesi in quei lavori.
 Rosaria, come nacquero quei tuoi articoli che suscitarono l`interesse della Dda di Napoli?
«Stavo seguendo i filoni investigativi successivi all`arresto di Michele Zagaria, preso nel dicembre del 2011. Ce ne erano anche alcuni su ditte a lui legate».
Ditte che lavoravano in appalti ottenuti dalla Regione Campania?
«Proprio così. Il periodo era quello compreso tra il 2003 e il 2009.I lavori dí manutenzione delle condotte idriche regionali erano affidati, a trattativa privata, sempre allo stesso gruppo di imprese».
Per quali importi?
 «Gli importi di un primo periodo non sono ricostruibili, perché i documenti della Regione non si trovano. Quelli, invece, risalenti alla seconda giunta Basso lino erano di circa 154 milioni di euro».
Quante ditte vi lavorarono?
«Una settantina riconducibili, però, a non più di dieci persone e a due cordate. Una vicina a Zagaria e ai Casalesi, l`altra a dei politici. Era un sistema, non controllabile e non controllato, di manutenzione».
Ricordi qualche ulteriore dettaglio dei tuoi articoli?
«Sì, scrissi anche che Zagaria, ad un certo punto, mandò a chiamare alcuni di quegli imprenditori rivendicando la sua parte».
Da quegli articoli è nata l`indagine della Procura di cui si parla in queste ore? «Ritengo di sì. Dalla vicenda della manutenzione idrica, ma anche dalla storia dell`acqua inquinata, denunciata dall`Us Navy, che pure scrissi».
Due vicende intrecciate e riunite nei fascicoli della Dda di Napoli?
«Non ne sono certa, ma credo che le cose stiano proprio in questo modo».
Che storia era quella della case fittate all`Us Navy?
«Altra vicenda che nasceva dalle inchieste sugli appoggi a Zagaria in latitanza e le stragi di Giuseppe Setola».
Di chi erano le case e come vi arrivarono gli americani dell`Us Navy?
«Erano case riconducibili a persone vicine a Setola. Case con giardino, appetibili da chi non voleva abitare nella cittadella protetta. Bastava dichiarare di possedere un cane, per poter fittare abitazioni fuori le zone canoniche».
Scoprirono che erano case riconducibili ai Casalesi?
«Proprio così e fu scoperta imbarazzante, nei giorni delle stragi di Setola. Per uscirsene, gli americani inventarono la storia dell`acqua inquinata non riscontrata nei dati Arpac. Era una giustificazione per abbandonare, senza doverne svelare la ragione reale, quei villini».

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