“Sono molto triste,
Arnaldo Forlani è l’ultimo grande democristiano che ci lascia.
Abbiamo un dovere di conoscenza e di gratitudine. Lui ha avuto
grandi soddisfazioni della vita pubblica ma anche grandi
amarezze ed ha affrontato tutto con spirito cristiano. Si è
assunto in una fase delicata della vita della nostra nazione
delle responsabilità che probabilmente nemmeno erano sue, ma ha
pagato come segretario della democrazia Cristiana”. Lo dice l’ex
presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, al termine
dell’incontro di cui è stato protagonista a Il libro possibile,
il festival letterario, sostenuto da Pirelli, a Polignano a mare
dal 5 all’8 luglio e a Vieste dal 18 al 22.
“E’ stato un leader molto importante – aggiunge con i
giornalisti – io ho avuto l’onore di collaborare con lui e oggi
ne sento tutto il rimpianto verso una stagione e delle
personalità, che da Forlani a Fanfani, da Andreotti a Moro hanno
caratterizzato veramente la storia della Repubblica e hanno
fatto le scelte giuste che l’Italia doveva fare. Pensiamo
all’Europa, la scelta atlantica, il multilateralismo. La nostra
generazione ha contratto un grande debito di riconoscenza verso
queste personalità e Forlani a pieno titolo è tra queste”.
Venendo all’attuale scenario politico, “non credo che il
problema sia lo spazio al centro ma di recuperare una politica
che rispetti gli avversari – osserva – evitare il confronto
all’arma bianca, come tra uomini primitivi, la demonizzazione
dell’avversario politico”. E poi “recuperiamo anche il valore
della militanza politica, del radicamento nel territorio dei
parlamentari, la competenza e la professionalità”. Per anni
“siamo stati ubriacati dall’antipolitica, come se fosse la
soluzione. Poi si è dimostrato invece che era parte del
problema”. A parte il Pd, “un partito che ancora coltiva l’idea
di un confronto, una militanza, le primarie, gli altri sono
praticamente tutti partiti personali. Nella seconda Repubblica i
partiti ideologici sono stati sostituiti da partiti personali,
che non sono veri partiti. Bisognerebbe tornare all’idea di
partiti come grandi volani di idee, con progetti per il Paese e
il futuro”.
Secondo Casini “bisogna trovare una politica popolare, che
non ha niente a che fare con il populismo. Essere popolari
significa essere radicati nei bisogni della gente, essere
populisti vuol dire approfittare degli stati d’animo della
gente, strumentalizzarli, per avere qualche voto elettorale, e
poi non risolvere i problemi”. Per riportare le persone alla
politica, “va recuperato il valore del dialogo con la gente, che
non può essere affidato alle fake news del web. La rete è
importante, come lo sono i mass media, ma bisogna ritrovare il
confronto col popolo. La politica – conclude – deve essere anche
riscoperta dei rapporti umani”.