Il mondo occidentale sta cambiando rapidamente e le società che lo popolano si stanno profondamente evolvendo: antichi schemi di rappresentazione della realtà si stanno modificando, nuove ideologie stanno aggredendo le fondamenta della cultura occidentale e delle sue democrazie, plessi valoriali una volta ritenuti indistruttibili si stanno disgregando sotto il peso di nuovi costumi, di culture improntate alla tolleranza più che all`identità, alla morale individuale più che all`etica collettiva. Il risultato è un`irrefrenabile decadenza.
È la premessa da cui prende avvio La libertà che cambia, l`interessante volume scritto a quattro mani da monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l`evangelizzazione, e Ferdinando Adornato, ex deputato e fondatore di Liberai. La sfida è indagare che cosa ci ha portati fin qui e quali prospettive si aprono per affrontare questioni importanti che riguardano il nostro presente e il futuro. Il teologo e il liberale finiscono per incontrarsi su un punto: la consapevolezza che teologia e filosofia hanno contribuito insieme a plasmare il concetto di libertà e il pensiero occidentale così come li intendiamo. Le questioni sono innumerevoli e si intrecciano a temi di stretta attualità. Le principali derivano da quattro errori di valutazione: il primo, aver creduto che dopo la caduta del Muro di Berlino i benefici del neoliberismo e della collaborazione internazionale ci avrebbero evitato nuove tensioni e conflitti; il secondo, aver pensato che la globalizzazione avrebbe avvicinato le autocrazie all’Occidente, il terzo aver immaginato che l’avvento dell’era del digitale ci avrebbe garantito più libertà, il quarto di
aver ritenuto che lo stato di salute di una democrazia fosse direttamente proporzionale all`estensione dei diritti individuali. In realtà, la transizione che si è aperta nel 1989 ci ha posto nuove sfide imponendoci di tornare a fare i conti con la nostra fragilità: dall`attacco alle Torri gemelle fino all`invasione russa dell`Ucraina che ha riportato la guerra nel cuore d`Europa mettendo fine al concetto di Occidente fino ad allora dominante.
Dall`inizio del nuovo millennio gli Stati Uniti hanno rinunciato alla loro egemonia mondiale. La struttura ideologica del mondo in due campi opposti, capitalismo e socialismo, è andata perdendo qualsiasi significato a vantaggio di players regionali intenzionati a rievocare i grandi imperi del passato: la Russia di Putin lo zarismo, la Turchia di Erdogan l`impero ottomano, la Cina di Xi Jinping le dinastie imperiali.
Oggi l`ordine internazionale è oggetto di polarizzazione e frammentazione e l`Occidente dovrebbe fare pace con l`idea di essere uno dei tanti poli in un mondo multipolare. In questo scenario, l`Europa disorientata e divisa non rivendica più la propria storia e la propria identità. Oggi appare ancora più grave l`errore, compiuto nel 2001, di non aver incluso i riferimenti all`eredità giudaico-cristiana nel preambolo del Trattato costituzionale dell`Unione europea: allora, in nome di un astratto laicismo, si presero le distanze non solo da una religione, ma dall`insieme di valori che hanno generato le nostre democrazie. La rimozione non è una soluzione così come non lo è usare l`identità come una clava per respingere i nuovi occidentali. Entrambe le strade sono sbagliate.
Le nostre democrazie sono diventate più fragili. Insidiate all`esterno dalle dittature e all`interno dai populismi e sovranismi di chi subisce il fascino dell`uomo forte che non intende uniformarsi alle regole democratiche. Ma alcune tendenze autocratiche si sono fatte largo anche in democrazie consolidate provando a eroderle dall`interno: abbiamo un nemico subdolo e invisibile in casa, oltre che ai nostri confini, e dobbiamo attrezzarci culturalmente per resistere e sconfiggerlo. La chiave per difenderci è sempre la stessa: tornare alla politica. Tutte le scorciatoie tese a delegittimarla hanno avuto solo il risultato di indebolirla e renderla soggetta a poteri esterni e forti. In tal senso, giustamente monsignor Fisichella non manca di citare l`appello lanciato da Giovanni Paolo II nella sua storica visita al Parlamento quando richiamò tutti noi «a una cooperazione solidale e generosa all`edificazione del bene comune».
L`evoluzione tecnologica è diventata il fondamento della nostra vita quotidiana, della società e della stessa democrazia. Ci sentiamo più liberi e invincibili ma siamo più precari che mai. Questa trasformazione va guidata in modo etico, garantendo che la tecnologia sia al servizio dell`umanità e che non ne minacci la dignità. Diversamente il risultato sarà la scomparsa della centralità della persona (intesa come relazione) a favore della centralità dell`individuo (inteso come riferimento esclusivo a se stessi). Ma l`individualismo pone in forte crisi il senso di partecipazione a una comunità.
Nella società liquida in cui ormai viviamo, le ideologie e le convinzioni possono essere adottate, abbandonate o modificate con facilità. E – come gli autori evidenziano – anche la tradizionale distinzione tra conservatori e progressisti diventa più sfumata e complessa. E questo avviene non solo da noi, ma a livello globale.


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