A volte scherziamo sullo Spirito Santo. Ma qui davvero ha fatto un capolavoro, spiazzando anche il comprensibile campanilismo di chi, come me, sperava nel ritorno di un Papa italiano. Capolavoro che ora iniziamo a capire».
Pier Ferdinando Casini all`Habemus Papam era in piazza, fra la gente.
«È una sorta di tradizione personale. C`ero andato con Ratzinger e Bergoglio. Non c`è due senza tre…», dice. «Sul piano internazionale – riflette il senatore eletto come indipendente nelle liste del Pd, in passato una lunga militanza nella Dc e poi alla guida dell`Udc, nella scorsa legislatura presidente della Commissione Esteri della Camera – papa Leone XIV appare come l`uomo giusto per il rilancio di un “multilateralismo” della pace. Mentre sul piano interno la scelta del nome richiama a quelli della mia generazione la scuola di partito alla “Camilluccia; dove ci facevano studiare la Rerum Novarumx`.
Che cosa ha visto in piazza?
Ho toccato con mano la grande vitalità della Chiesa. È l`ultima autorità morale che resiste nel tempo, a cui tutti guardano per ritrovare fiducia. Ultimamente anche maltrattata, perché non dice quel che il potere vorrebbe – è il suo compito, anche Gesù diceva cose scomode – ma sa farsi ascoltare. Parlare, come ha fatto papa Leone XIV, di «pace disarmata e disarmante» è scomodo, ma ha colpito tutti.
Dalla “delusione” iniziale alla simpatia, è stato un attimo.
Delusione per così dire, perché pochi lo conoscevano, ma dopo un Papa polacco, un Papa tedesco e uno sudamericano, si vede che era la volta di un Papa statunitense che include tanto altro: la missione in Perù, gli studi a Roma, il suo incarico di prefetto dei vescovi, la sua formazione in Sant`Agostino. Un Papa che saprà parlare e soprattutto ascoltare tutti, penso anche all`Africa, all`Asia. In piazza mi ha colpito l`entusiasmo di alcune suorine vietnamite. Una terra segnata dal regime comunista in cui la fede rifiorisce, come in tante parti del mondo. Io sono bolognese, si può immaginare a chi tenessi di più, in piazza ho visto anche lo straordinario affetto dei cattolici italiani per il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo della mia diocesi. Ma quel “la pace sia con voi” abbraccia tutti, ci ricorda che la pace non ce la diamo da soli, “vi lascio la pace, vi do la mia pace” diciamo a messa: la pace è innanzitutto un atteggiamento, una dimensione del cuore.
Ma il quarto Papa non italiano ha scelto, a sorpresa, il nome di un Papa italianissimo.
Leone XIII è stato il riferimento delle nostre scuole di partito, della Democrazia Cristiana, degli anni Settanta. È il simbolo di una Chiesa che accetta il mercato, ma chiede di correggerne le distorsioni. Questo Papa che conosce le periferie di Chicago e le periferie del mondo, con questo nome evoca la nostra storia di impegno politico, e anche l`articolo I della Costituzione (Repubblica «fondata sul lavoro», che attinge a Leone XIII, attraverso il Codice di Camaldoli) anche se non sempre siamo stati all`altezza del compito. Ed evoca le disparità mai così forti come oggi nel mondo, fra ricchi e poveri, con un ceto medio che scivola lentamente verso l`indigenza.
Nel passaggio da Francesco a Leone XIV c`è chi ha colto un parallelismo con Giovanni XXIII-Paolo VI.
Lo vedo anch`io. Bergoglio ha gettato il cuore oltre l`ostacolo, innovatore coraggioso come papa Giovanni, si è fatto carico anche di scandali e cadute che hanno attraversato la Chiesa. Ora papa Prevost può essere quello che mette ordine nell`innovazione, come fece Montini. Richiamando con quel “tenersi per mano`,` da vescovo di Roma, l`unità della Chiesa di Cristo.
Ma più di tutto ha invocato la pace, per la quale si è tanto speso, da inviato del Papa, il presidente della Cei. Per la quale si spende anche l`arcivescovo di Gerusalemme.
Per la quale si spende la Chiesa tutta. Zuppi ha lavorato benissimo incontrando tutte le parti e ha anche ottenuto risultati parziali, come lo scambio di prigionieri. Poi si è dovuto fermare sull`onda degli eventi, non ultimo la salute del Papa che andava peggiorando.
Ora si aprono spiragli nuovi?
Non vorrei cadere in eccessi di illusioni, ma qualche segnale c`è: nei messaggi arrivati anche da Trump e Israele mi pare di cogliere la disponibilità all`ascolto del nuovo Pontefice da parte di tutti. Papa Francesco è stato oggetto di ignobili speculazioni, ma Trump ora con Prevost dovrà necessariamente parlare, senza rifugiarsi in comodi stereotipi.
Da cardinale già con Vance ha mostrato di non fare sconti…
Un Papa non fa mai sconti ai potenti di turno, come non li faceva Cristo a Erode, o a Pilato. Pilato che siamo un po` tutti noi.
Alla missione di Zuppi è mancato il supporto di un`iniziativa diplomatica europea. Se Trump dialoga con la Chiesa cattolica apre spazi nuovi anche per la Ue, finora tagliata fuori?
La Ue deve fare la sua parte. Quest`estate ricorrono i 50 anni degli accordi di Helsinki che videro protagonisti la Chiesa con il cardinale Silvestrini e l`Italia presidente di turno (con Aldo Moro) della Comunità europea che mise seduti allo stesso tavolo Usa e Russia. La strada da riprendere è quella: un nuovo multilateralismo della pace che questo Papa, uomo dei “ponti” fra diverse culture in un`epoca segnata da tanti “muri`,` può contribuire a promuovere. Lo stesso vale per il conflitto mediorientale. IlPapa in Perù ha visto rispecchiate le sofferenze di tanti popoli nel mondo che non lascerà soli, in Africa, in Asia come in Palestina. Con lui lo Spirito Santo credo abbia voluto indicarci proprio questo.


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