Presidente Pier Ferdinando Casini, la coalizione di centrodestra è stata inventata da Berlusconi. Può sopravvivere alla sua scomparsa?
«Sì, perché l`eredità politica di Berlusconi se l`è già presa Giorgia Meloni alle elezioni politiche di settembre – spiega il senatore centrista ed ex presidente della Camera – Con un gruppo dirigente di Forza Italia legato alla destra che sta governando, non credo succederà niente di particolare».
Ma l`alleanza cambierà?
«È già cambiata. Quando Berlusconi è sceso in campo c`era il centrodestra, oggi al governo c`è la destra. Legittimamente, perché Fdl non ha rubato niente: ha preso i voti che meritava».
E Forza Italia? Può andare avanti senza il suo creatore?
«Non mi piacciono intromissioni in casa altrui: Forza Italia avrà un travaglio come tutti i partiti nelle sue condizioni. È chiaro che ci saranno squali e squaletti che, come sempre accade, si muovono nell`acquario della politica».
Pensa a Renzi?
«Certo che no. È legittimo che in un mercato politico molto liquido Renzi possa essere una delle personalità che aspirano a prendere i voti di Berlusconi. Ma queste dinamiche non mi riguardano».
In Italia manca un punto di riferimento centrista: la scomparsa di Berlusconi rende più facile o più difficile la nascita di una forza politica moderata?
«In teoria il fatto che non ci sia più un protagonista politico potrebbe consentire aggregazioni nuove, ma si sa: in politica la teoria spesso non coincide con la realtà».
Lei è stato molto vicino a Berlusconi, salvo poi approdare sulla sponda opposta. Aveva mantenuto un rapporto stretto con lui?
«Sono sempre stato suo amico, sia da alleato, quando è sceso in campo e speravo facesse cose che non ha fatto, sia da avversario:, quando nel 2008 decisi di andare via perché non condividevo la scelta del predellino, non mi sono mai accodato agli isterismi anti-berlusconiani anche se abbiamo avuto degli scontri. A partire dalla telefonata della rottura, in cui lui mi disse: “O vieni nel Pdl o vai da solo”. Io replicai: “Vado da solo”. E Silvio: “Auguri”. Di rimando gli risposi: “Auguri a te”. Un colloquio duro, contraddetto però da tante altre telefonate in cui mi diceva “ti voglio bene”. E io l`ho sempre contraccambiato».
Come siete diventati amici?
«Lo conobbi negli anni `80, quando per conto di Forlani, allora segretario della Dc, andai a parlare con lui nella casa di via dell`Anima, per lamentarmi che le sue tv privilegiavano Craxi. Lui raccontò che aveva zie suore…e io: “Sì va bene, ma bisogna che vadano in video, sennò non ci importa”. Di lì, iniziò un sentimento di simpatia reciproca».
Sentimento che culminò nell`alleanza alle elezioni del 1994.
«Quando decise di scendere in campo, andai da lui che mi disse: “Metto d`accordo il nazionalismo di An e il federalismo della Lega”. Gli risposi: “Silvio sei un bravo imprenditore ma di politica non capisci niente”. E lui: “È la stessa frase che mi disse il presidente della Sampdoria, Mantovani, quando gli annunciai che avrei preso il Milan e avrei vinto la Coppa dei Campioni. Vediamo come va a finire questa volta”. Mi ero sbagliato io».
Qual è il maggior merito di Berlusconi?
«Una postura europea ed atlantica mai venuta meno».
E il suo più grande errore?
«Non essere riuscito a svincolarsi dal tema della giustizia e del conflitto d`interessi, che in alcune occasioni hanno paralizzato l`azione di governo».
Ora può svelare dove sono i finiti i manifesti che Berlusconi aveva fatto per le comunali a Bologna del 1999 che, come racconta nel suo libro, l`aspirante sindaco Giorgio Guazzaloca fece sparire?
«Non lo dirò mai».


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