Nella storia di ogni paese c`è sempre un passato che non passa, passaggi che restano controversi: la caduta del governo Berlusconi nell`autunno 2011 con l`avvento di Mario Monti è uno di questi e si porta dietro iperboli indimostrate ma persistenti.
Fu un “golpe” dolce orchestrato dal Quirinale?
«Questa definizione appartiene alla modestia della politica italiana. Ad un certo punto, quando si è in difficoltà, si costruiscono dei fantasmi, in modo che per gli altri diventi poi difficile fare i conti con le tue inadeguatezze. Ricostruire a posteriori la storia ha un alto grado di fallacia, ma in questo caso fu subito tutto chiaro».
Pierferdinando Casini, il parlamentare italiano più ricco di esperienza e conoscitore di tutti gli ambienti politici, ricostruisce il passaggio più controverso della presidenza Napolitano con dettagli interessanti. Come nasce la storia della forzatura di Napolitano?
«Quando il governo Monti cadde, Forza Italia fece una campagna elettorale come se fino al giorno prima fosse stata all`opposizione di quello che in realtà era stato un governo ABC – Alfano, Bersani, Casini nato con l`appoggio determinante di Berlusconi, anche nella designazione dei ministri».
Torniamo a quelle ore del novembre 2011: a caldo lei cosa seppe?
«La sera in cui Berlusconi lasciò il Quirinale, dopo aver dato le dimissioni da presidente del Consiglio, molti mi riferirono che era sollevato. Si era creato nei giorni precedenti un clima che aveva trasformato la permanenza a palazzo Chigi in un supplizio. Davanti ad una terribile crisi finanziaria il presidente Napolitano esercitò la sua efficace moral suasion, che portò alla designazione di Monti. Un governo che in Parlamento, non fu votato dallo Spirito Santo, ma da un`ampia maggioranza».
Il vittimismo è sempre un buon carburante ma la storia del “golpe” a cosa servì?
«Aiutò la campagna elettorale del centrodestra, per evitare che la Lista Monti e il Pd avessero chissà quale affermazione. E alla fine il centrodestra ottenne qualche piccola soddisfazione. Chi pagò maggiormente l`appoggio politico al governo Monti fu il centrosinistra».
E invece chi ipotizza il “golpe” – sono sempre meno – sostiene che il comunista Napolitano lo fece per aiutare i suoi compagni…
«E anche in questo caso i conti non tornano. Il Pd aveva interesse ad andare a votare subito e fu proprio Napolitano a convincere Bersani ad appoggiare il governo Monti. Il prezzo elettorale ci fu, non so se Bersani si sia pentito, ma se fossi in lui, rivendicherei quella scelta».
Un altro refrain anti-Napolitano riguarda il governo tecnico: quello di Monti ebbe una notevole rilevanza politica nella storia politica italiana…
«Se mi consente una battuta, i governi tecnici sono un po` come gli antibiotici: l`abuso diminuisce gli anticorpi, ma quando la situazione è grave, devi assumerli per evitare il peggio».
La prova finale che Berlusconi non si sentisse vittima di un golpe, non è il suo appoggio al bis di Napolitano?
«Certamente! E dirò di più. Nel 1994, dopo il discorso del Napolitano capogruppo Pds, Berlusconi andò a stringergli la mano per i toni civili usati. Berlusconi non esita ad appoggiare il governo Monti e, prima di scegliere Bonino, pensa a Napolitano come Commissario europeo. Io credo che non avesse antipatia per Napolitano. Ma Berlusconi era anche quello che, quando entrava in campagna elettorale, si costruiva una sua narrazione».
Anche a costo di macchiare la reputazione altrui: Napoletano restò amareggiato?
«Sì, perché era un uomo molto preciso, meticoloso, perfezionista e non accettò mai quella ricostruzione a posteriori su una soluzione politica che, non dimentichiamolo mai, aiutò ad uscire l`Italia da una situazione pericolosa. E tutti coloro che allora pagarono costi politici, non si debbono pentire di quelle scelte e di quella stagione».


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