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L`ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, oggi senatore eletto da indipendente nelle liste del Pd, li ricorda tutti, i tentativi di riforme costituzionali fatti negli ultimi trent`anni, dalla Bicamerale di D`Alema al referendum fallito da Renzi.
Oggi guarda all’iniziativa della premier- l`invito alle opposizioni per parlare di riforme – con una certa dose di scetticismo: «Proceda con cautela».
Con che spirito le sembra stia iniziando questo percorso?
«Ci si può incontrare per fare propaganda, per essere d`accordo nell`essere in disaccordo o per cercare un`intesa. Io spero si risolva in un dialogo sostanziale e non in una parata di propaganda reciproca».
Per arrivare a quale risultato?
«Io dico: a parte un piccolo drappello di destra, la Costituzione è frutto di uno sforzo condiviso da tutti, scritta da personaggi di primissimo piano: c`è veramente la necessità di cambiarla?».
Se imposta così la questione, però, diventa impossibile anche solo interrogarsi se si possa toccare.
«Non voglio dire che farlo sia lesa maestà. Constato però, in punta di piedi, che ogni volta che lo abbiamo fatto in passato abbiamo fatto pasticci. Stiamo attenti a non lacerare il nostro tessuto istituzionale».
Lei si è dichiarato contrario al presidenzialismo, perché?
«L`Italia è un Paese storicamente litigioso, serve un pater familias, un presidente della Repubblica che sappia interloquire con tutti e abbassi il tasso di litigiosità».
Un presidente della Repubblica che sia arbitro e non giocatore.
«È così, serve alternativamente a tutti, maggioranza e opposizione, che poi magari si scambieranno i ruoli. Prenda gli ultimi due presidenti, Napolitano e Mattarella: entrambi sono stati riconfermati, anche da chi non li aveva votati la prima volta».
Ma è successo a causa della debolezza della politica…
«Sì, certo, ma è anche sintomo del fatto che, per una politica debole, l`unica garanzia è la figura del presidente della Repubblica».
Gustavo Zagrebelsky paventa il rischio di alimentare un humus pericoloso nel Paese.
«Io non voglio drammatizzare né lanciare allarmi democratici. Ma guardo le cose con lucidità: gli Stati Uniti e il Brasile, due Paesi con sistema presidenziale, sono quelli in cui c`è stato l`assalto ai Palazzi da parte degli sconfitti delle elezioni. È una spia che si accende».
E come considera l’ipotesi di un “premierato forte”?
«Tutti i presidenti del Consiglio lamentano una carenza di poteri, ricordo che lo fecero spesso già Prodi e Berlusconi. Se si parla di adeguare i poteri del premier, che oggi non può nemmeno sfiduciare un ministro, è una cosa; tutt`altro è il cancellierato, che comporta un equilibrio costituzionale da rivedere. Dopodiché bisogna anche capirsi su cosa significhi democrazia».
Cosa intende dire?
«Chi vince comanda, certo, ma accettando la divisione dei poteri, pesi e contrappesi. C`è invece un certo sovranismo che alimenta l`idea secondo cui se vinco comando e faccio come mi pare. Non è così».
È il sovranismo di questo governo?
«È il sovranismo che attecchisce nella destra europea. Non penso che Meloni la pensi così, ma è bene metterla in guardia dal diventare così. Anche perché non mi sembra che oggi la maggioranza non abbia il potere di decidere: il problema è che spesso non riesce a farlo».
Ma secondo lei quella delle riforme è una partita della premier o di tutta la maggioranza?
«Ma è una vera partita? Stiamo giocando davvero o stiamo facendo finta?».
Mettere in campo ora questo argomento serve a distogliere l’attenzione da temi più spinosi?
«Non lo so, lo scopriremo solo vivendo. So però che nella vita del Paese tutto ricorre, è tutto un déjà vu. E le maggioranze politiche di solito affrontano il tema delle riforme costituzionali per scappare da una quotidianità difficile. Spesso ottenendo il risultato opposto a quello che si desiderava: con la riforma del Titolo V, il centrosinistra pensava di lanciare un messaggio alla Lega e invece abbiamo solo indebolito lo Stato».
Se tutto è un déjà vu, Meloni dovrebbe stare attenta, visto l’ultimo precedente: Matteo Renzi ci ha rimesso il posto a Palazzo Chigi, sulle riforme…
«Le consiglio un po’ di prudenza. Nel 2016, pochi mesi prima del referendum, quando se ne cominciava a parlare, mi trovavo in visita a Buenos Aires dall’allora presidente Macri, che conosce bene Renzi. Gli raccontai del referendum e lui mi disse: “No, dica a Renzi di non farlo!”».
Meloni sta giocando da sola o ha una maggioranza compatta che la segue?
«Ha una maggioranza numericamente solida, non prevedo nessuno scossone parlamentare. Ma, a differenza di quel che diceva Andreotti, il potere logora chi ce l`ha. E questo passaggio rischia di essere una fuga dalla realtà per mandare la palla in tribuna».
Il rientro di Berlusconi dopo la malattia la aiuterà a mettere ordine nella sua maggioranza?
«Non cambierà gli equilibri. Ma di certo Berlusconi dimostra ancora una volta di essere un leone, e questo non può che essere apprezzato da tutti».
L`opposizione deve marciare unita sul tema delle riforme?
«Non c`è dubbio, andare in ordine sparso sarebbe inaccettabile. Se si vuole fare l`opposizione: dopodiché, se qualcuno pensa invece un domani di andare al governo, allora scelga un`altra strada».
Crede che qualcuno ci stia pensando?
«Non ho motivo per ritenerlo».-


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