Presidente Casini, il Venezuela ancora nelle mani di Maduro è una buona o una cattiva notizia per quel Paese e per il mondo?
«La notizia era largamente prevedibile. Soltanto gli sprovveduti potevano pensare che Maduro lasciasse spontaneamente il potere. D`altronde, il fatto che sulla regolarità del processo elettorale ci siano tanti dubbi è dimostrato dal rifiuto di Maduro di avere osservatori internazionali indipendenti per il voto. Questa è una cosa molto triste, perché il Venezuela necessita di un po` di tranquillità e di pace».
Come si possono avere queste condizioni di tranquillità e di pace?
«L`unico modo per dimostrare la buona fede il governo l`avrebbe. Ed è questo: acconsentire a un`indagine internazionale sotto l`egida dell`Onu e a un controllo di tutto il materiale elettorale».
E lei crede che Maduro possa avere questo senso di responsabilità?
«In queste ore, il presidente da un lato sta parlando di una riconciliazione nazionale, e dall`altro denuncia complotti e tentativi di ucciderlo. Evidentemente avverte l`enormità di ciò che è avvenuto. Maduro tutto sommato sarebbe il primo a essere interessato a una transizione pacifica. Io, prima delle elezioni, avevo detto che chiunque avesse vinto non poteva aprire una stagione di vendette. E` necessario anche a chi eventualmente perde il potere dare delle garanzie o addirittura garantire un`immunità. So che in termini teorici questa strada potrebbe non essere giusta. Ma, come dice il proverbio, delle migliori intenzioni sono lastricate le vie dell`inferno».
Lei sta ipotizzando una pacificazione modello Sud Africa post-apartheid?
«Io lavoro perché non si finisca in un bagno di sangue. Se chi lascia il potere non riceve le necessarie garanzie, è interessato a tenerlo a qualsiasi costo. Ciò vale per Maduro, per i vertici del Paese e per l`esercito: del resto, la cautela della comunità internazionale nel commentare ciò che sta accadendo in Venezuela è proprio finalizzata a esorcizzare questo pericolo di caos e di violenze».
Ma insomma, i dati del voto sono giusti o manipolati?
«I dati affluiti nelle urne, secondo l`opposizione, corrispondevano ai sondaggi pre-elettorali. Si fa fatica a credere alla veridicità di questo risultato».
Si fa meno fatica a constatare che Iran, Cuba e Putin hanno subito gioito per l`esito del voto e si stanno complimentando con Maduro?
«Questo non mi fa impressione, perché conosco il Venezuela e so che quei Paesi che lei ha citato sono la testa di ponte degli Stati canaglia in Sud America. La drammatica situazione internazionale, tra guerra in Ucraina e conflitto in Medio Oriente, paradossalmente avvantaggia Maduro. Perché, da un lato, distrae la comunità internazionale dalla vicenda venezuelana e, dall`altro lato, rende tutti esitanti ad aprire un altro fronte».
Gli Stati Uniti però sembrano duri contro il presidente venezuelano.
«Il segretario di Stato americano, Blinken, e i governi europei han- no fotografato la situazione. Il problema vero è che è difficile trovare una via d`uscita. Perché nessuno, a cominciare dal sottoscritto, vuole un bagno di sangue. Tutti auspicano una soluzione pacifica. Ma per averla, serve la disponibilità degli attori in gioco. E` stato molto significativo anche che gli esponenti dell`opposizione, che pure hanno una posizione di avversione totale a Maduro, si erano detti disponibili a dare le garanzie per un trapasso ordinato, nel caso avessero vinto loro. Ma evidentemente, un passaggio come questo è quasi proibitivo per un gruppo dirigente che tiene in ostaggio il Paese e che ormai nella comunità internazionale tutti conoscono».
Lei, qualche anno fa, ha negoziato direttamente con Maduro il rilascio dei parlamentari d`origine italiana trattenuti nella nostra ambasciata. Come fu il suo rapporto con il dittatore sudamericano?
«Io mi sono mosso secondo un principio di realismo. Solo Maduro poteva consentire un`uscita tranquilla per i due colleghi, Mariela Magallanes e Americo Di Grazia, e con lui, dopo aver informato l`opposizione, ho negoziato. Con me è stato corretto ed evidentemente attento a cercare di salvaguardare un suo rapporto con l`Italia e con la comunità dei nostri residenti. Ha anche trovato il tempo, per esibire un ottimo italiano, imparato nel quartiere di Caracas più popolato dai nostri connazionali e per dichiarare il suo amore per la Juventus».
E i suoi oppositori lei li conosce?
«Conosco bene la leader dell`opposizione, Maria Corina Machado: una donna di grande coraggio e di una fede incrollabile verso la democrazia. Non mi meraviglio che in queste ore la indaghino per frode elettorale: è lei la vera nemica da abbattere».
Ha visto che il presidente argentino, Milei, consiglia all`esercito di ribellarsi contro Maduro?
«Milei dice tante cose. Ma dimentica che tra l`esercito e Maduro c`è un patto di complicità e non credo che per scardinarlo basti una dichiarazione di un Capo di Stato straniero. La realtà è che tutti parlano del Venezuela ma nessuno ha la chiave della soluzione. Non ce l`ha nemmeno Lula, il quale si è segnalato nei giorni scorsi come uno di quelli che ha detto le cose più giuste. Ha detto che Maduro deve imparare questa regola: quando si vince, si resta; quando si perde, si va via e ci si prepara a un`altra elezione. Dobbiamo dire che Lula questa regola la conosce bene, come dimostra la sua parabola di vittorie e sconfitte».
In un mondo già incendiatissimo, mancava solo il Venezuela?
«Purtroppo il Venezuela è un problema drammaticamente aperto da tempo: si è trasformato uno dei Paesi più ricchi del mondo in una terra che spinge milioni di cittadini all`espatrio. E` una tragedia che riguarda un`intera generazione e che non a caso ha visto più volte il santo padre, Francesco, prodigarsi per trovare una soluzione. La Chiesa, bisogna riconoscerlo, è rimasta un baluardo di difesa dei diritti di quel popolo».


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