Da tre settimane è segretario del Copasir, comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica Felice Casson, senatore veneziano del Pd, è uno dei magistrati che negli anni ’90 si occupò del caso Gladio (struttura paramilitare istituita dai servizi segreti americani e italiani – con il sostegno della P2 – per contarstare le forze politiche di sinistra), e che oggi si trova ad affrontare il datagate, il grande orecchio americano in grado di registrare mezzo miliardo di messaggi al mese in Unione Europea, quattro milioni al giorno solo in Italia. Uno dei più pesanti casi di «spionaggio» messo in campo dagli Stati Uniti dopo la guerra fredda.
Senatore, la nuova base americana a Vicenza viene inaugurata oggi, all’indomani della scoperta di questo potente apparato di spionaggio, e il Nordest si trova al centro di due imponenti basi militari, Aviano e dal Molin: ci saranno ripercussioni? saremo «sorvegliati speciali»?
«Da sempre gli americani considerano l’Italia un paese a sovranità limitata, lo hanno dimostrato con Gladio, lo dimostrano intercettando mezzo mondo e dicendo che si tratta della sicurezza di tutti, ma la cosa deve essere ancora chiarita. Prendiamo atto che l’atteggiamento degli americani verso gli altri stati non è mai cambiato. Ma no, non saremo sorvegliati speciali».
Eppure non si può dire che il Triveneto non sia logisticamente importante e strategico per gli americani..
«Lo è di sicuro, ma qui il datagate c’entra poco. Quello delle intercettazioni decise in modo unilaterale dagli Stati Uniti è un concetto che va tenuto distinto e separato dalla strutturta militare che gli americani hanno realizzato nel nostro paese, non possiamo dire ‘visto che ci sono due basi americane vicine allora Veneto e Friuli saranno maggiormente sorvegliati’, possiamo invece fare delle considerazioni sul comportamento degli americani nel nostro paese».
Un comportamento che non sembra essere cambiato dalla fine del secondo.conflitto mondiale..
 «Io sono contrario alla base Dal Molin, lo sono sempre stato, sostenevo quello che dicevano i comitati che vi si sono opposti, eppure gli americani sono riusciti a realizzare quello che volevano: il tratto comune che possiamo notare, partendo a ritroso, dalla vicenda Gladio, al datagate, alla realizzazione delle  basi da cui gli americani fanno partire i loro aerei, e che c’è un concetto di sovranità degli altri paesi che viene sempre sacrificato in nome di una non ben precisata «sicurezza». Era normale che dopo la guerra i servizi segreti italiani si asservissero al potere americano, era una situazione storica particolare e va contestualizzata. Ma sono passati oltre sessantanni e sembra non essere cambiato nulla.
 Ma se gli americani considerano l’Italia come se fosse a «sovranità limitata» la colpa none anche dell’Italia che non ha saputo far sentire la propria voce?
«Sicuramente è così. La colpa è anche nostra. Con la vicenda del datagate si è aperta però una questione molto più ampia e più grave rispetto a quella delle basi militari. In questo caso, in nome della sicurezza sono stati registrati miliardi di messaggi, ma il fine per cui si possono utilizzare può essere anche lo spionaggio industriale. Capisce che in questo modo si minano anche agli equilibri commerciali ed economici tra gli stati».