‘Da noi nessun veto. Uscire dal gruppo? Valuteremo. Mineo non ha mai votato contro, invece si è scelto lo scontro. Era nell’accordo con Berlusconi?’
«Un atto di tipo militarista, politicamente violento, che viola palesemente il regolamento del gruppo Pd al Senato». Felice Casson, uno dei 14 dissidenti che si sono autosospesi dal gruppo democratico di palazzo Madama per protesta contro l`estromissione di Corradino Mineo dalla commissione che si occupa di riforme costituzionali, non usa giri di parole: «Siamo rimasti sbalorditi da questa decisione, che riguarda anche Vannino Chiti che mercoledì ha definivamente perso il posto in commissione per le stesse ragioni. Si tratta di una grave violazione dell`articolo 67 della Costituzione, che non prevede ‘vincolo di mandato’ per i parlamentari e di ben tre norme del regolamento interno al nostro gruppo. In particolare, il regolamento riconosce il dissenso in tema di riforma della Costituzione e non prevede una sostituzione d`imperiti di un membro di una commissione».
La vostra sospensione dal Pd è dunque un gesto di solidarietà?
«Non si tratta di questo, ma di una reazione che ha come obiettivo primario la tutela del Parlamento e dei parlamentari».
E tuttavia non si può negare che M ineo remava contro la riforma del Senato proposta da Renzi…
«Ma non è vero. Da parte nostra non c`era alcuna intenzione di porre veti. Si poteva benissimo andare avanti con le votazioni in commissione, si è scelto lo scontro consapevolmente, forse anche questo fa parte dell`accordo con Berlusconi…».
Insisto, Mineo non ha votato il testo base del governo e ha fatto passare l`odg di Calderoli che era chiaramente ostile…
«Su quattro quinti della riforma proposta dal governo siamo tutti d`accordo. Resta il nodo della modalità di elezione dei senatori, e si poteva trovare una mediazione. Mineo non ha mai votato contro la linea del gruppo, non ha partecipato al voto. Così sull`ordine del giorno Calderoli, che presentava anche dei punti condivisibili».
Sta di fatto che dopo le europee la riforma si è incagliata in commissione, sepolta da migliaia di emendamenti…
«Quella mole di emendamenti è della Lega, noi ne abbiamo presentati una ventina, un numero che conferma che non c`è nessuna volontà di frenare. E scaricare ogni responsabilità su Mineo davvero è come nascondersi dietro un dito e non voler capire che c`è un problema politico».
Dopo il 41% del Pd alle europee non le pare che sia arrivato dagli elettori un chiaro segnale a favore delle riforme, e a non perdere altro tempo?
«Quel risultato è un grande successo che va ascritto in primo luogo a Renzi. Ma va ricordato che in questa campa- gna elettorale il Pd è stato unito, nessuno ha remato contro. I cittadini hanno manifestato una volontà di speranza, ma non c`è stata nessuna pronuncia popolare diretta sul tema delle modalità di elezione del Senato. Anzi, io sono convinto che se i cittadini fossero ascoltati, ci sarebbe una chiara maggioranza a favore dell`elezione diretta. Una elezione indiretta ricorda troppo i meccanismi del Porcellum, che tutti a parole dicono di voler superare».
Dunque lei sostiene che dal voto europeo non è arrivato un via libera alle riforme di Renzi?
«Il popolo non è stato consultato su questo punto. Ed è evidente che, con un`elezione di secondo grado, saranno ancora i partiti a decidere gli eletti».
Mineo sostiene che in Aula non ci sono i numeri per la riforma di Renzi.
«Ad oggi anch`io ritengo che i numeri non ci siano».
Ma voi 14 adesso cosa farete? Uscirete dal gruppo?
«Questo tema non si pone. Noi vogliamo dare un contributo, ragionare nel merito. Martedì ci sarà una riunione del gruppo del Senato, vedremo cosa diranno».
Esclude una vostra uscita?
«Siamo in una fase dialettica, non ha senso parlare di questo. Noi puntiamo a realizzare una riforma condivisa. Se non arriveranno risposte convincenti valuteremo. Per ora restiamo fuori dalle attività del gruppo».
Alcuni di voi sono tra quelli che non volevano dare la fiducia al governo Renzi a febbraio…
«Nell`area civatiana si pose questa questione, io però non ho mai avuto dubbi sulla fiducia. Il congresso è finito, e per me anche le aree congressuali».
La vostra sospensione dal Pd è dunque un gesto di solidarietà?
«Non si tratta di questo, ma di una reazione che ha come obiettivo primario la tutela del Parlamento e dei parlamentari».
E tuttavia non si può negare che M ineo remava contro la riforma del Senato proposta da Renzi…
«Ma non è vero. Da parte nostra non c`era alcuna intenzione di porre veti. Si poteva benissimo andare avanti con le votazioni in commissione, si è scelto lo scontro consapevolmente, forse anche questo fa parte dell`accordo con Berlusconi…».
Insisto, Mineo non ha votato il testo base del governo e ha fatto passare l`odg di Calderoli che era chiaramente ostile…
«Su quattro quinti della riforma proposta dal governo siamo tutti d`accordo. Resta il nodo della modalità di elezione dei senatori, e si poteva trovare una mediazione. Mineo non ha mai votato contro la linea del gruppo, non ha partecipato al voto. Così sull`ordine del giorno Calderoli, che presentava anche dei punti condivisibili».
Sta di fatto che dopo le europee la riforma si è incagliata in commissione, sepolta da migliaia di emendamenti…
«Quella mole di emendamenti è della Lega, noi ne abbiamo presentati una ventina, un numero che conferma che non c`è nessuna volontà di frenare. E scaricare ogni responsabilità su Mineo davvero è come nascondersi dietro un dito e non voler capire che c`è un problema politico».
Dopo il 41% del Pd alle europee non le pare che sia arrivato dagli elettori un chiaro segnale a favore delle riforme, e a non perdere altro tempo?
«Quel risultato è un grande successo che va ascritto in primo luogo a Renzi. Ma va ricordato che in questa campa- gna elettorale il Pd è stato unito, nessuno ha remato contro. I cittadini hanno manifestato una volontà di speranza, ma non c`è stata nessuna pronuncia popolare diretta sul tema delle modalità di elezione del Senato. Anzi, io sono convinto che se i cittadini fossero ascoltati, ci sarebbe una chiara maggioranza a favore dell`elezione diretta. Una elezione indiretta ricorda troppo i meccanismi del Porcellum, che tutti a parole dicono di voler superare».
Dunque lei sostiene che dal voto europeo non è arrivato un via libera alle riforme di Renzi?
«Il popolo non è stato consultato su questo punto. Ed è evidente che, con un`elezione di secondo grado, saranno ancora i partiti a decidere gli eletti».
Mineo sostiene che in Aula non ci sono i numeri per la riforma di Renzi.
«Ad oggi anch`io ritengo che i numeri non ci siano».
Ma voi 14 adesso cosa farete? Uscirete dal gruppo?
«Questo tema non si pone. Noi vogliamo dare un contributo, ragionare nel merito. Martedì ci sarà una riunione del gruppo del Senato, vedremo cosa diranno».
Esclude una vostra uscita?
«Siamo in una fase dialettica, non ha senso parlare di questo. Noi puntiamo a realizzare una riforma condivisa. Se non arriveranno risposte convincenti valuteremo. Per ora restiamo fuori dalle attività del gruppo».
Alcuni di voi sono tra quelli che non volevano dare la fiducia al governo Renzi a febbraio…
«Nell`area civatiana si pose questa questione, io però non ho mai avuto dubbi sulla fiducia. Il congresso è finito, e per me anche le aree congressuali».