Due concetti fondamentali per il futuro dell’Europa
C’è un rischio che occorre rimuovere: il circoscrivere la sussidiarietà al solo am¬bito del rapporto tra le istituzioni. Occorre affermare una concezione, che non è affatto acquisita o scontata: la finalità pubblica, l’interesse collettivo, il perseguimento del bene comune, non coincide in modo esclusivo con il momento istituzionale. Se non si supera questo convincimento, ormai radicato e che corrisponde a un lungo e positivo tratto della storia di emancipazione e progresso delle nostre società, non saremo in grado di ripensare e rinnovare il ruolo delle istituzioni democratiche, di ricollegarle ai bisogni e alle speranze dei cittadini.
Il punto di vista sulla cui base valutare le prestazioni che vogliono caratterizzarsi per una destinazione pubblica, è quello del loro carattere effettivamente universale, cioè rivolto senza discriminazioni ai cittadini che scelgano di usufruirne; della qualità e dell’efficienza. Sulla base di questa impostazione viene a cambiare, non a diminuire, il ruolo delle istituzioni, a partire da quelle più prossime ai cittadini: si rafforza una funzione di programmazione e controllo; non è esclusiva quella di gestione di servizi fondamentali, che incidono sulla vita delle persone. La presenza diretta nella gestione sarà necessaria quando sia assente l’assunzione di una responsabilità diretta da parte dei cittadini e delle loro organizzazioni oppure quest’ultima non sia in grado di garantire quella unversalità, alla quale facevo riferimento, indispensabile per assicurare a ognuno almeno una uguaglianza nelle opportunità di vita. Una rinnovata cultura poli¬tica, che assuma a riferimento la sussidiarietà, non si riferisce al solo ambito del welfare o delle istituzioni: il suo campo di intervento riguarda la società nel suo insieme, dall’economia ai rapporti interpersonali.
Faccio qui un richiamo all’enciclica sociale Caritas ¡ti veniale, di Papa Benedetto XVI, un documento di straordinario rilievo per muoversi nella società globale di fronte alle sfide della povertà, delle ineguaglianze, dei rischi di uno sviluppo incurante della sostenibilità sociale e ambientale: quell’enciclica ci parla del valore di un’economia fondata non solo sul valore di scambio, ma al tempo stesso di forme di gratuità e reciprocità e ci sollecita a individuare le vie concrete per farle crescere e affermare.
Si tratta ad esempio di riscoprire le potenzialità della cooperazione, di ripristinarne le vocazioni originarie, innovandone metodi di organizzazione e gestione; di dilatare gli spazi per quel vasto e variegato mondo del terzo settore, irrobustendone le competenze e facendone esprimere la generosità e solidarietà che lo animano. Si tratta di altro ancora, nel senso che non dobbiamo limitarci al ‘già visto’, ma consapevoli che il patrimonio che già esiste ha una originalità sconosciuta in Europa e costituisce una ricchezza per il nostro Paese, un contributo che possiamo portare al rinnovamento della società europea.
Guardiamo anche ai rapporti tra le persone: a partire da essi ha un senso sviluppare il discorso sulla sussidiarietà. Viviamo in una società anche da questo punto di vista duale: da un lato le esperienze di solidarietà, di impegno generoso, di accoglienza, quasi sempre oscurate dall’informazione; dall’altro il culto del successo a ogni costo, di una competitività senza regole e senza remore, del denaro come nuova divinità del xxi secolo, raccomandati come modelli di vita.
Questo modello di individualismo egoistico, privo di responsabilità verso gli altri, produce una delega di sovranità democratica, una volontà di semplificare e ridurre al minimo il proprio impegno nella società e negli indirizzi della politica.
Anche questi aspetti, presenti nella società civile, dobbiamo saper cogliere, per superarli, anziché darci a letture acritiche, che si impongono di non vedere ciò che non va, restringendo le negatività alla solo politica, quasi che quest’ultima fosse rappresentata da extraterrestri. Bisogna recuperare l’obiettivo di una riforma intellettuale e morale della nostra società, tante volte sostenuta da grandi italiani del passato, ma mai realizzata, anche perché dall’attuale crisi non si esce realmente se non si ricostruisce una condivisione attorno a valori etici, scritti nella stessa Costituzione, e che devono essere posti a fondamento della convivenza, prima delle legittime differenze di fede, cultura, sindacato, partiti. Se i valori etici non sono sentiti come riferimento, che viene anche prima dello Stato e delle leggi, non riusciremo a costruire un futuro di civiltà più alta, dal momento che Stati e leggi devono essere valutati dai cittadini proprio sulla base di quei valori.
Dobbiamo essere grati a Papa Francesco per la nettezza con la quale ci ha richiamati al dovere di vivere una solidarietà globale, uscendo dalla globalizzazione dell’indifferenza, che sommerge menti e cuori.
La sussidiarietà non può vivere senza un’assunzione di responsabilità e di impegno: in realtà alla lunga neppure la democrazia vive senza farci carico, ognuno di noi, in modo inseparabile dei diritti e dei doveri. La responsabilità poi non esiste se manca un rapporto con gli altri, un sentimento della solidarietà come valore alla base di una convivenza più giusta.
Per concludere voglio dire che a mio giudizio la sussidiarietà non è solo scritta, in modo esplicito, nell’articolo 118 della Costituzione Italiana: prima ancora e scolpita nella ispirazione stessa del testo, là dove, nell’art. 2 e poi nell’art. 3, si parla del valore della persona e della sua dignità, se ne riconosce e garantisce i diritti inviolabili, si valorizzano le formazioni sociali alle quali partecipa, si pone come un dovere delle istituzioni l’obiettivo di rimuovere le cause che ne impediscono il pieno sviluppo e limitano la pienezza della sua presenza nella vita economica, sociale, civile e politica del Paese. La sussidiarietà infatti è inseparabile dalla solidarietà e in questo senso dobbiamo assumerla come orientamento e valore fondamentale. L’Italia, Paese fondatore dell’Unione europea, potrà davvero contribuire da protagonista alla costruzione del futuro, se saprà portare nella nuova fase di edificazione della casa comune, che dovrà vedere l’approdo a una reale democrazia sovranazionale  approdo per me impensabile se non orientato dalla sussidiarietà  la peculiarità delle sue esperienze, la forza e il coraggio di una proposta di rinnovamento che riguardi istituzioni, società, etica pubblica.

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