“Gli anni passano, ma le ferite rimangono aperte. Il 19 luglio di 24 anni fa la storia del nostro Paese fu sconvolta dall’ennesima strage di mafia, la strage di via D’Amelio in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. A molti fu chiaro, anche in quelle drammatiche ore, che si trattava della cronaca di una strage annunciata. Ed era anche chiaro che l’accertamento della verità sarebbe stato un percorso tutto in salita, una sorta di “mission impossible””. Lo scrive il sen. Giuseppe Lumia, capogruppo Pd in commissione Giustizia e componente della commissione Antimafia. In un post sul suo blog.
“Il maxiprocesso ha creato una rottura senza precedenti – spiega – Ha messo in crisi tre capisaldi del sistema delle collusioni: la segretezza di Cosa nostra, l’impunità garantita dallo Stato e l’omertà diffusa. Borsellino era consapevole di tutto questo. La sua bocca lo ha espresso chiaramente prima e dopo la strage di Capaci. Il suo sguardo parlava. Vivo e brillante prima del 23 maggio e spento dopo che Cosa nostra aveva ucciso il suo caro collega e amico Giovanni Falcone e gli agenti della sua scorta”.
“Oggi alla luce del dibattito che si è generato dopo la morte di Bernardo Provenzano – conclude Lumia – penso che sia indispensabile che lo Stato faccia di tutto per convincere Riina a collaborare, in modo genuino e trasparente. Riina è custode di segreti che ci consentirebbero di sapere cosa è successo, di accertare tutte le responsabilità sulla morte di Borsellino e dei tanti servitori delle istituzioni che in quegli anni sono caduti nella lotta alla mafia. Lo Stato, anche di fronte alle più tremende verità, ha il dovere di provarci fino in fondo. È questo il modo migliore per rendere onore alle vittime delle mafie”.


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