Le mafie oramai sono un problema di tutto il Paese, non solo di una parte. In questi anni, grazie alle inchieste della magistratura e al lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia, infatti, abbiamo capito un po’ meglio non solo che la mafia al Nord c’è ma anche che è molto aggressiva e che fa di tutto per non farsi vedere per non creare allarme sociale, favorendo così una distanza tra la percezione scarsa che ha l’opinione pubblica del pericolo e la realtà della situazione. In questa legislatura, il lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia si è concentrato molto sul radicamento delle mafie (in particolare della ‘ndrangheta) nei territori del Nord e abbiamo notato che questo fenomeno è fortemente sottovalutato. Le inchieste, infatti, mostrano una criminalità organizzata che è cambiata rispetto all’immagine che abbiamo in mente e molto diversa dagli stereotipi che spesso vengono diffusi anche dai mass media. Non c’è, infatti, soltanto una mafia che dà l’assalto agli appalti pubblici. Come mostrano le inchieste riguardanti Lombardia ed Emilia, la criminalità è insediata al Nord non più solo per riciclare il denaro ma prevalentemente perché vuole penetrare nell’economia legale, vuole entrare nelle imprese e governarle, cercando così di condizionare il mercato. In questo, sempre più spesso, si trovano coinvolti anche il mondo dei professionisti e dei colletti bianchi, che arricchiscono le mafie intervenendo sulle fatturazioni. Questo è avvenuto in Emilia, in Lombardia e in molte altre realtà.
La magistratura, in questi anni, ha dato colpi consistenti alle mafie al Nord ma la lotta alla mafia non può essere un compito delegato soltanto alla magistratura, alle forze dell’ordine o alla politica ma anche le imprese e il mondo delle professioni devono alzare il livello di attenzione e fornire il loro contributo su questo fronte, denunciando ogni anomalia che riscontrano.
Grazie al lavoro della Commissione Antimafia, grazie a chi lavora sul campo, alle associazioni e grazie a chi è avvertito di questo tema, nel corso degli anni, alcuni provvedimenti sono stati presi. Abbiamo, quindi, una criminalità molto forte ma abbiamo anche la capacità di mettere in campo misure concrete che riescono a contrastarla, combatterla e, spero, per il futuro -come diceva Falcone – anche di battere le mafie.
Per contrastare meglio le mafie e adeguare la nostra legislazione ai mutamenti che coinvolgono il fenomeno di volta in volta, però, è necessario studiare e cercare di capire come sono fatte le mafie e come si evolvono.
Per questo, il percorso di collaborazione che si sta facendo tra la Commissione Antimafia e le Università italiane è molto importante e ha l’intento di costruire un lavoro comune utile a creare gli strumenti per fornire competenze in grado di riconoscere il fenomeno mafioso e contrastarlo. Recentemente, l’Università degli Studi di Milano ha presentato il primo Dottorato di Ricerca in Studi sulla criminalità organizzata. Si tratta di un’importante iniziativa, concretizzatasi anche grazie a Nando Dalla Chiesa, fortemente voluta dalla Commissione Parlamentare Antimafia (che ha messo a disposizione dei ricercatori la propria documentazione, acquisita nel corso degli anni) e dalla Conferenza Nazionale dei Rettori.
È la prima iniziativa in Italia di questo genere, che si avvale della collaborazione di più istituzioni e Università e che consentirà di formare i giovani per renderli consapevoli dei fenomeni mafiosi. Essi saranno risorse di cui abbiamo bisogno per combattere più efficacemente la criminalità organizzata.


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