“Le relazioni del Primo presidente della Cassazione Pietro Curzio e del Pg Giovanni Salvi confermano quanto avevamo rilevato e denunciato come Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio e la violenza di genere. Mentre gli omicidi sono in flessione, la tendenza dei femminicidi resiste e anzi cresce durante il lockdown, come altri reati di violenza contro le donne a partire dai maltrattamenti in famiglia. Il dato positivo è che aumentano le denunce, grazie alla pian piano maggiore formazione degli operatori, e a un graduale seppur ancora lento aumento della consapevolezza del fenomeno. E’ dunque su questo fronte che dobbiamo insistere. Siamo di fronte a un fenomeno strutturale radicato nella cultura della disparità  di potere tra uomini e donne in tutti i settori, comprese le relazioni  affettive. Ormai abbiamo tutte le leggi che servono, ma è chiaro che serve una svolta:  il Recovery Plan può e deve incidere anche su questo”. Lo dice in una nota la Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio e la violenza di genere.
“L’apparato legislativo e sanzionatorio è efficace – prosegue la Commissione – ma bisogna investire di più sulla rete di prevenzione, a partire dai centri antiviolenza e dalle case rifugio, sulla formazione di tutti gli operatori e sull’educazione, a partire dall’università. La cultura della parità va diffusa a macchia d’olio. Ma soprattutto bisogna aumentare con urgenza il tasso di occupazione femminile, soprattutto al Sud e mettere in campo politiche attive per l’empowerment femminile, la parità in famiglia, il sostegno alle carriere. Questo deve essere un obiettivo trasversale a tutti i progetti del Recovery Plan, per recuperare il divario che uccide le donne e frena il Paese. Accrescere l’autonomia femminile, riconoscere il ruolo delle donne nella società, educare le giovani generazioni, lavorare anche sull’educazione degli uomini: sono queste le azioni che possono costruire un futuro diverso. Abbiamo fatto importanti passi in avanti  ma dobbiamo fare di più. E’ la chiave di lettura e conseguentemente quella di intervento che va totalmente ripensata. Rendendo pienamente e concretamente efficace e realizzata la Convenzione di Istanbul in tutte le sue parti e che invece per troppi aspetti  resta, pur essendo legge dello Stato, solo un elenco di principi da attuare privo di misure concrete per la loro realizzazione”.