Passate le elezioni in Lombardia e Lazio, il dibattito politico resterà nelle prossime settimane incentrato sulle Regioni e sul loro rapporto con lo Stato: il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata, approvato a inizio febbraio dal governo. Calderoli, semplificatore di leggi di lungo corso, ha scritto una legge breve e chiara, il che ne rende però più ovvi i problemi, incluso per il principale partito di governo che già nel suo nome (Fratelli d`Italia) pone al centro della sua azione politica la solidarietà tra italiani. Già, perché la legge viola un principio di solidarietà che ha caratterizzato la relazione tra Regioni a Statuto ordinario (Rso) e Stato nell’Italia repubblicana. Il rapporto tra Rso e Stato è da sempre basato su un principio fondamentale: al contrario di quelle a statuto speciale, le Rso trasferiscono allo Stato gran parte delle imposte generate sul proprio territorio e lo Stato le spende sulla base di politiche uguali su tutto il territorio nazionale. Questo consente una redistribuzione di risorse dalle Regioni più ricche a quelle meno ricche. L’omogeneità nelle politiche di spesa ha una principale eccezione: la sanità. Il modo con cui le risorse sanitarie sono spese è deciso dalle varie Regioni, sotto il vincolo di garantire livelli essenziali di assistenza (cioè prestazioni minime che, almeno in teoria, tutte le Regioni devono garantire). Ma anche per la sanità prevale il principio di solidarietà perché le risorse per finanziare la spesa gestita regionalmente vengono comunque da Roma, dal finanziamento al Servizio sanitario regionale distribuito tra Regioni in base al numero di abitanti e all’anzianità di questi, non in base a quanto i cittadini delle varie Regioni abbiano contribuito al pagamento delle imposte. Quindi si decentra la gestione della spesa, ma non il suo finanziamento. La legge Calderoli, in poche chiarissime parole, viola il principio di solidarietà. L`articolo 5, comma 2, dice infatti che il finanziamento delle funzioni che verranno attribuite alle Regioni avverrà “attraverso la compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale”. Ecco fatto: “maturato nel territorio regionale”. Una Regione che chiede l’autonomia trattiene parte del proprio gettito in Regione, non lo manda più a Roma. Si decentra non solo la gestione della spesa (come nel caso della sanità), ma anche la fonte di reddito. Naturalmente, visto che inizialmente le risorse attribuite alle Regioni sono pari al costo delle competenze trasferite, la Regione non ottiene più risorse di quante ne aveva prima. Ma da lì in poi se una Regione cresce più delle altre trattiene una parte delle maggiori entrate. E visto che gli accordi di autonomia differenziata hanno lunga durata (dieci anni rinnovabili) col tempo le differenze di finanziamento rispetto al sistema attuale potranno diventare rilevanti. Ora, questo sistema potrà piacere o non piacere. I sostenitori noteranno, per esempio, che trattenere in Regione il frutto della maggiore crescita incentiva una sana concorrenza tra le Regioni a crescere di più. Ma fatto sta che, seppure in termini incrementali, la legge Calderoli viola il principio di solidarietà che ha prevalso da sempre. È un problema grosso come una casa per un governo guidato da Fratelli d’Italia, che sarebbero un po’ meno fratelli dopo l’approvazione della legge. Si poteva gestire l’autonomia differenziata in modo diverso? Sì, replicando il modello della sanità per cui le risorse restavano al centro e venivano trasferite alle Regioni per una gestione decentrata. Senza violare il principio di solidarietà, si sarebbe almeno soddisfatta una delle motivazioni per l’autonomia, ossia il fatto che alcune Regioni pensano di poter gestire meglio le risorse a livello locale, adattandole ai bisogni dei cittadini. Ma questo non bastava alla Lega che vuole lasciare più risorse nelle aree a reddito più alto, quelle del Nord. La legge Calderoli contiene anche altre cose che cercano di attenuarne gli effetti, come l’introduzione del fondo perequativo tra Regioni previsto dalla Costituzione. Non le commento perché sono più forma che sostanza. La sostanza sta in quelle quattro parole: “maturato nel territorio regionale”. Bastano e avanzano.


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