La Commissione Europea ha pubblicato la proposta per le nuove regole sui conti pubblici. Non ve ne faccio un riassunto dettagliato, ma vado all’essenza di tre questioni. Prima questione: si tratta di un cambiamento radicale? Sì, per due motivi. Primo, le regole precedenti contenevano un eccesso di parametri numerici nel tentativo di codificare, in termini di aggiustamento dei conti pubblici richiesto, le molteplici circostanze in cui un Paese si poteva trovare, per esempio quanto lontano fosse dalla piena occupazione, quale fosse il suo livello di debito, se stesse realizzando investimenti, se ci fossero spese per i migranti, eccetera. Come se un medico, nel decidere quanta medicina prescrivere, avesse una tabella che dice: se una persona pesa più di un tot aggiungo una pillola, se ha il colesterolo sopra una certa soglia aggiungo un’altra pillola, e così via. Ora il medico (la Commissione) guarda il paziente, tiene conto di tutte le circostanze rilevanti e concorda col paziente stesso (che esprime il proprio punto di vista) la dose appropriata, ossia, fuor di metafora, un piano di aggiustamento pluriennale dei conti pubblici che dura 4 o 7 anni (la durata è maggiore se il Paese realizza investimenti e riforme). Secondo, in generale è probabile che l’aggiustamento che sarà richiesto all’Italia sarò davvero più graduale di quello richiesto con le regole precedenti. Con le regole precedenti, il rapporto tra debito pubblico e Pil avrebbe dovuto ridursi di 4 punti percentuali di Pil all’anno. Col nuovo approccio il vincolo principale è che entro 4 o 7 anni il rapporto tra debito pubblico e Pil si sia ridotto (un po`, non si dice di quanto) e sia posto su un sentiero “plausibilmente decrescente”. Va bene, ci sta pure il vincolo che il piano di aggiustamento concordato preveda una riduzione del rapporto tra deficit e Pil di mezzo punto percentuale all’anno, ma questo vale solo se il deficit è sopra il 3 per cento e, in ogni caso, non mi sembra davvero un vincolo molto stringente. Seconda questione: questi cambiamenti convengono all’Italia? Molti pensano di sì perché l’aggiustamento richiesto sarà, come detto, più contenuto. Insomma, se credete che convenga all’Italia mantenere un rapporto tra debito pubblico e Pil elevato per parecchio tempo, allora potete essere contenti. Certo, un debito più alto espone l’Italia al rischio di attacchi speculativi: alla fine sono i mercati finanziari a decidere se attaccare o meno un Paese. C’è però una novità: la Bce ha introdotto uno strumento (il cosiddetto Tpi) che le consente di intervenire, anche per importi massicci, a sostegno di un Paese che viene attaccato dalla speculazione a condizione che questo Paese rispetti, tra l`altro, le regole europee. Insomma, se anche hai un debito alto, la Bce ti può aiutare se rispetti le regole, quindi rispettare le regole europee conta più che in passato. C’è però un altro elemento che ci deve preoccupare. La valutazione del sentiero di rientro appropriato è molto più a discrezione della Commissione di quanto fosse una volta (quando il dottore seguiva un manuale per dire quante pillole si dovevano prendere). Anche se, come ho detto, è probabile che il nuovo approccio comporti un aggiustamento più graduale del passato, c’è il rischio che, in pratica, la Commissione finisca per essere forte coi deboli e debole coi forti, ossia non applichi gli stessi criteri per tutti, o che si faccia influenzare da contingenze politiche. Vedremo che farà. Terza questione: riusciranno le nuove regole a ridurre il debito pubblico in Europa? La Commissione spera che, in virtù del fatto che i piani di rientro saranno concordati con i Paesi in questione, ci sia più ownership (senso di proprietà del piano) da parte dei Paesi, il che aumenterebbe la probabilità di implementazione dei piani. Ma resta il fatto che il principale vincolo è semplicemente che alla fine del periodo di aggiustamento il debito sia su un sentiero plausibilmente decrescente, dove la plausibilità viene determinata attraverso tecniche (la cosiddetta debt sustainability analysis) che è più un’arte che una scienza (checché ne dica la Commissione). Certo, le vecchie regole hanno fallito nell’obiettivo di ridurre il debito pubblico in Paesi come l`Italia. Le nuove forse faranno meglio. Insomma, come diceva una nota canzone di Ornella Vanoni “proviamo anche con Dio, non si sa mai”. Ecco, proviamo anche questo nuovo approccio, non si sa mai.


Ne Parlano