Si sa ancora poco sul Documento di economia e finanza (Def) approvato ieri dal governo. Solo uno scarno comunicato stampa con qualche numero, ma senza la tavola con il quadro macroeconomico e di bilancio tendenziale e programmatico. Vedremo nei prossimi giorni. Nel frattempo cosa possiamo dire? Il reddito prodotto nel nostro Paese (il Pil) dovrebbe crescere nel 2023 più rapidamente di quanto era previsto dal governo (1 per cento rispetto allo 0,6 per cento). Non mi stupisce. Il governo si era tenuto prudente, essendo stato ormai acclarato che
conviene essere pessimisti per poi dire che le cose sono andate meglio del previsto. Per il prossimo anno, la crescita salirebbe all’1,5 per cento. Il Fondo monetario internazionale, che ha pubblicato ieri le proprie previsioni, è più pessimista soprattutto per il 2024.
Il Fondo è, notoriamente, pessimista sull’Italia, ma, devo dire, potrebbe aver ragione questa volta: la previsione di crescita del governo comporterebbe una bella accelerazione nel prossimo anno che non si capisce bene a cosa sarebbe dovuta, a meno di forti miglioramenti nell’economia mondiale. Veniamo ai conti pubblici. Per il 2023, il comunicato stampa del governo annuncia l’ennesimo “tesoretto”, ovvero un ammontare da spendere in più a parità di obiettivo di deficit pubblico rispetto al Pil, confermato al 4,5 per cento. Il termine tesoretto è del tutto giustificato quest’anno: si tratta di soli 3 miliardi, che il governo intende usare per tagliare il cuneo fiscale. Da dove viene questo tesoretto? Non è chiaro, ma potrebbe averci messo lo zampino Eurostat. Settimane fa l`istituto statistico dell`Unione ha infatti riclassificato le spese dei bonus edilizi da un criterio di cassa a uno di competenza. Al di là dei dettagli, l’effetto di questa revisione è di gonfiare il deficit nel 2022 (fino all`8 per cento del Pil invece che del 5,6 per cento come stimato dal governo in ottobre), abbassandolo negli anni seguenti. Il risultato è di creare un maggiore spazio contabile per circa 10 miliardi nel 2023, di cui un po` più della metà sarebbe stato utilizzato per finanziare l’estensione degli aiuti per il caro energia, altrimenti scaduti a fine marzo, lasciando quindi un tesoretto di 3 miliardi. Se così fosse, ci staremmo spendendo puramente il frutto di una
riclassificazione statistica. La scelta poi di destinare questi 3 miliardi al taglio delle tasse sul lavoro potrà piacere a molti, ma ricordiamoci che la spesa pubblica per sanità e pensioni nel 2023 è stata drammaticamente tagliata, al netto dell’inflazione: il lavoratore medio italiano avrà quindi magari un po` più di soldi per le vacanze estive, ma poi dovrà magari aspettare più a lungo per una visita specialistica o una mammografia. Per il 2024 il governo ha riconfermato l’obiettivo di deficit: dal 4,5 per cento del Pil si scenderebbe al 3,7 per cento. Il governo non ci dice ancora quale sarà il deficit tendenziale nel 2023 e quindi non sappiamo quale sarà lo spazio di manovra per il prossimo anno. Secondo i miei calcoli, potrebbe essere nell`ordine di 5-6 miliardi, ma il margine di incertezza è elevato. Se questa stima fosse corretta, oltre ai 3 miliardi di taglio di tasse, estesi anche al 2024, resterebbero solo 2-3 miliardi per tutto il testo, compreso il superamento della legge Fornero, promessa da tutti i partiti di maggioranza. Non molti soldi. Si fosse fatta una seria revisione della spesa (e non tagli lineari a sanità e istruzione per effetto dell`inflazione), o una vera lotta all’evasione, magari si sarebbero trovate risorse aggiuntive. Altro problema: il 3,7 per cento sembrerebbe non essere coerente con le regole europee sui conti pubblici, che tornano in vigore dal prossimo anno: saranno più morbide, ma il tetto del 3 per cento sembra sarà confermato. Potrebbero esserci problemi in autunno nelle discussioni con Bruxelles. Ultimo commento sul rapporto tra debito pubblico e Pil. Comincio dalle buone notizia. Il debito pubblico è più basso di quanto previsto nello scorso ottobre, a fine 2022 e negli anni seguenti. Ma la brutta notizia è che questo è probabilmente dovuto interamente all`effetto dell`inflazione, ossia della tassa che riduce il valore dei titoli di Stato nelle mani (direttamente o indirettamente) di famiglie e imprese. Essendo una tassa occulta, solleva meno obiezioni, ma non per questo è meno dannosa per i risparmiatori.