Sfumata una candidatura che avrebbe cementato l’intesa fra il centrosinistra e il Terzo polo di Calenda e Renzi, Carlo Cottarelli resta in pista per il dopo Regionali. Pierfrancesco Majorino domenica ha annunciato, qualora vincesse le elezioni del 12 e 13 febbraio, che il senatore del Pd nonché ex “mister spending review” del governo Letta presiederà un «comitato che si occuperà di immaginare una buona politica per lo sviluppo della Regione».

Di che cosa si tratta?

«Nel caso fosse Majorino a diventare presidente della Regione, si costituirà questo organo tecnico che fornirà consigli al governatore e alla sua giunta per aumentare la capacità di crescita dell`economia lombarda. Ovviamente non si tratta di un obiettivo da conseguire nell’immediato, ma di un disegno a medio termine. Una missione da portare avanti da qui ai prossimi dieci anni. Cercheremo di trovare gli strumenti per realizzare quanto fino ad ora non si è fatto. Ripeto, sarà un comitato tecnico: cercheremo soluzioni concrete, poi sarà la politica a decidere. Io mi presto molto volentieri per svolgere questa attività di consulenza e per dare il mio contributo, come sto facendo ora sostenendo la candidatura di
Majorino».

Ha già in mente qualche ricetta o quantomeno qualche direttrice per lo sviluppo?

«Intanto occorre fare una premessa: la possibilità di intervento di una Regione in determinati ambiti, dalla sanità ai trasporti ad esempio, dipende da come verrà attuata l’autonomia differenziata promossa dal governo. Il raggio d’azione è direttamente proporzionale alle competenze e alle risorse economiche che la Lombardia avrà a disposizione. E poi c’è un’altra questione strutturale da affrontare: la Lombardia ha una enorme capacità in termini di imprese e di lavoratori. Quello che può rallentare la crescita in futuro come è avvenuto nel passato, e come accade in altre regioni, è la difficoltà che esiste un po’ in tutto il nostro Paese a bilanciare l’interazione tra pubblico e privato. Detto ciò, io sto iniziando a fare qualche ragionamento sulle priorità alle quali intendo lavorare».

Quali sono?

«Ascolto spesso le osservazioni e le lamentele delle imprese rispetto alla burocrazia: c’è un eccesso di norme e regole da osservare, di moduli da compilare, ad esempio. La giunta attuale ha messo a punto alcuni programmi di semplificazione, ma non bastano. Io, su questo tema, propongo di partire dalle idee delle aziende: le ricette devono partire da chi fa impresa, non da noi o dagli stessi burocrati. Altrimenti, come si è visto, non funzionano o funzionano in maniera modesta».

Altri temi?

«Serve lavorare sulla rete dei trasporti, bisogna accompagnare la transizione ecologica, puntando su forme di incentivi semplici che puntino soprattutto all’innovazione. Infme, scommetterei sulla decentralizzazione: i Comuni devono avere un ruolo più importante».

A proposito di Comuni, il sindaco Beppe Sala ha tuonato contro il governo che non invia le risorse necessarie.

«I Comuni in generale sono stati trascurati da questa manovra. In particolare le grandi città, che accolgono ogni giorno tante persone non residenti ed erogano quindi servizi anche per chi paga le tasse altrove, dovrebbero aver riconosciuto, per questo, un trasferimento ad hoc dallo Stato. Finanziamento che però, almeno nel caso di Milano, non è adeguato».

E i fondi regionali? Ci sono sprechi o spese non efficienti?

«C’è prima di tutto una questione di trasparenza. Aria, una delle centrali d’acquisto più importanti d’Italia, non è molto trasparente in termini di prezzi su alcune operazioni. Va fatto un primo passo partendo da qui».


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