“Se la Commissione d’inchiesta su Covid è una commissione d’inchiesta che deve indagare sui vaccini, è una follia. E’ pazzesco, il mondo va al contrario: si fa una commissione d’inchiesta sulla soluzione invece che sulla causa”. Non piace ad Andrea Crisanti l’impostazione che sembra profilarsi per l’attività d’indagine di cui si dovrà occupare la bicamerale su Covid. Il professore di Microbiologia e senatore PD commenta con queste parole all’Adnkronos Salute l’esito dei lavori di ieri. In primo luogo, a colpire la sua attenzione sono i passaggi che riguardano i vaccini. Ma non solo. Fra i punti più contestati ce n’è un altro: da quanto emerso sul testo base approvato in Commissione Affari sociali della Camera, sembrerebbe che non si allarghi la riflessione sulla gestione della pandemia anche alle Regioni e al loro operato. E per Crisanti, se questa è la linea, non va bene: “Le Regioni sono state quelle che poi la pandemia l’hanno gestita quotidianamente. Io penso che una Commissione d’inchiesta sul Covid che abbia l’obiettivo di restituire una verità e che non è un’inchiesta di carattere giudiziario, non può non tenere conto di tutti gli aspetti. E’ chiaro che deve cercare di essere più vasta e più ampia possibile, altrimenti restituisce di nuovo una verità parziale”, osserva. Per lo scienziato-senatore dem, “veramente c’è il rischio di sprecare questa occasione. E’ evidente – riflette – Noi siamo qui, abbiamo risolto il problema grazie ai vaccini e facciamo una commissione d’inchiesta sui vaccini?”, si chiede, riferendosi a quanto sembra indicare il testo base riguardo alle indagini su questo capitolo della gestione pandemica. “Primo: i vaccini sono stati la soluzione e non meritano nessuna riflessione, a meno che non si voglia ammiccare ai no-vax – precisa Crisanti – e, secondo punto, indagare sull’azione del Governo, svincolata da quella delle Regioni, non ha nessun senso per come è impostata la sanità in Italia e per come vengono prese le decisioni”.
Si chiamano Tolc Med e sono i nuovi test d’ingresso per i corsi di laurea in Medicina e chirurgia. Le prove hanno preso il via oggi. E c’è chi approva il nuovo sistema per l’accesso ai posti disponibili (i test si possono fare già quando si frequenta il quarto anno delle scuole superiori e si hanno a disposizione così un numero massimo di 4 tentativi in 2 anni) e chi invece continua a ritenere che sia proprio da abolire il numero chiuso, la modalità che oggi viene utilizzata per regolare gli accessi a Medicina. Non è di questa opinione Andrea Crisanti, professore di Microbiologia e senatore Pd, che invece sottolinea all’Adnkronos Salute: “L’abolizione del numero chiuso non risolve il problema che ha l’Italia in questo momento ed è uno strumento che utilizzano praticamente in tutto il mondo”. “Il problema in Italia – evidenzia – è stato semmai la mancata programmazione, e la mancata programmazione dei posti di specializzazione. E poi, parliamoci chiaro, la carenza dei medici è relativa. Ci sarà uno scalino – chiamiamolo così – fra 3-4 anni, di breve durata. E il sistema sanitario non è in grado di assorbire tutte le persone che vogliono fare Medicina. Non solo: le stesse università italiane non sono in grado di assorbire le persone che vogliono frequentare questi corsi di laurea. Queste persone bisogna formarle e gli atenei non hanno l’infrastruttura per farlo. E poi, in ogni caso, spenderemmo soldi inutilmente, perché non potranno essere assorbite dal sistema sanitario nazionale”, riflette Crisanti commentando questa prima giornata di test. “Bisogna agire dunque sulla programmazione – sostiene lo scienziato e senatore dem – aumentare gradualmente di un po’ i posti di Medicina, e basta”.


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