Il Consiglio Comunale di Verona ha approvato una mozione che impegna l’amministrazione a stanziare in bilancio somme a favore dei centri anti aborto ed ha proclamato Verona “città per la vita”.
Le frasi usate, però, sono un’escalation di assurdità ideologiche tipiche del solito oscurantismo delle destre sui diritti delle donne rispetto alla questione legata all’aborto fatto con elementi di propaganda assolutamente falsi:
non è vero che la legge favorisce l’aborto al fine della limitazione delle nascite,
non è vero che il calo degli aborti è legato alla pillola del giorno dopo, bensì all’aumento dei medici obiettori, che si avvicina al 90% in alcune regioni e stanno aumentando quelli clandestini con seri rischi per l’incolumità della donna,
non è vero che con la RU486 è cresciuta la “cultura dello scarto”, già questa definizione è un insulto alla dignità di tutte le donne e mette in primo piano la misoginia maschile nell’affrontare questo tema.
E’ vero, invece, che l’aborto è sempre una sofferenza per le donne e la legge 194 le tutela in tutto il doloroso percorso con sostegni e aiuti affinché non abortisca.
Rispetto al dibattito sempre fervente in tanti Paesi del mondo, la posizione espressa dal Comune di Verona, che non perde occasione per occuparsi di temi altri e di danneggiare costantemente l’immagine della città, è per davvero un ritorno al medioevo.
Strumentale, fuorviante, piena zeppa di proclami ideologici contro le donne, quella mozione aveva un solo obiettivo: colpire la piena, libera ed esplicita autodeterminazione delle donne, da difendere sempre, soprattutto nel momento più doloroso.
A cosa servirebbero, altrimenti, certe trovate ideologiche di un consiglio comunale? Perché sulla vita deve scaricarsi la propaganda ideologica delle destre e oscurantista?
La posizione del Pd sulla Legge 194 a tutela delle donne è chiara, inequivocabile e oserei dire, storica: va difesa, tutelata senza se e senza ma, in ogni sede e sempre.
Nell’occasione, la capogruppo PD ha votato a favore di quella speciosa mozione contro tutti gli altri consiglieri comunali del PD. E’ caduta in una trappola? Non aveva letto bene? La pensa per davvero come i proponenti?
Il dibattito non è nuovo e, diciamocelo, neanche l’episodio sarà l’ultimo. Ne approfitto, quindi, per ribadire un fondamento che pare essere smarrito in queste ore nel confronto che dal fatto è scaturito.
Qui rileva anche il fatto che l’obiezione di coscienza è parte integrante dell’evoluzione sociale e culturale del nostro Paese e ancor più del nostro partito. Quel diritto consente di astenersi dall’assolvere un compito altrimenti obbligatorio. In questo convincimento non c’è un giudizio di valore sulla legittimità o moralità del compito, ma se ne assume e se ne comprende la complessità.
Diversamente, ogni dogma interno assumerebbe i contorni dell’l’imposizione di un giudizio morale individuale.
Nel nostro partito trovano (e devono ancora) casa idee diverse. Sui temi etici c’è una pluralità di convincimenti, a volte antitetici, ed il fatto che arricchiscono la nostra riflessione e le nostre proposte è positivo. E’ sempre faticoso trovare la sintesi, ma allora perché servono i partiti?
Per questa semplice constatazione, non può essere condivisibile la risposta emotiva dell’espulsione. Emotiva perché tiene conto solo delle proprie passioni e non di quelle che animano ognuno di noi, religiose ed etiche soprattutto.
Vieppiù. In un partito plurale le idee si accolgono e si comprendono, non si cacciano! Se questo è un assunto incontrovertibile, lo è anche l’ovvia conseguenza che chi ha responsabilità di guida ha il dovere del confronto e della mediazione, a maggior ragione di fronte ed in occasione di condizioni del genere.
Quindi, non devono essere giudicate le convinzioni della capogruppo PD, e dei tanti cattolici che hanno scelto di stare nel PD, ma va valutato il fatto che ha abdicato al suo ruolo, indebolendolo, ed è venuta meno al suo principale dovere di mediazione che avrebbe dovuto gestire nel gruppo consiliare con intelligenza e con le tecniche classiche della politica che offre tante soluzioni.
Non averlo fatto – i suoi colleghi consiglieri PD hanno scoperto il suo voto per voce del capogruppo della Lega – ha ovviamente minato la fiducia nei suoi confronti ed ha danneggiato gravemente l’immagine del partito.
Di questo si tratta – non delle sue idee – e questo episodio non può essere usato diversamente, specie se da un lato inficia la sacrosanta pluralità interna e dall’altra fa il gioco dell’ipocrisia delle destre che sui temi etici non ha nulla da insegnare, se non la capacità propagandistica di far credere all’esterno il contrario di quello che realmente votano in Parlamento.
Il punto è: non si giudicano le idee, peggio ancora sui temi etici, ma i comportamenti politici che sono sempre umani, come gli errori.


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