“Oggi a 50 anni della riforma del diritto di famiglia, celebriamo un passaggio storico nel cammino verso la giustizia, la libertà e l’uguaglianza tra uomini e donne nei rapporti familiari.
Nel 1974, dopo la vittoria dei no al referendum sul divorzio l’Italia si scoprì trasformata, le donne avevano cambiato le loro vite.
La riforma del 1975 ha quindi reso concreta l’attuazione dei principi costituzionali, riconoscendo la parità tra i coniugi e nel rapporto con i figli, rimuovendo discriminazioni che per troppo tempo avevano segnato la vita familiare. Si supera la famiglia patriarcale e la figura del capo famiglia, l’autorità e la responsabilità genitoriale diventano condivise. Si sancisce che il matrimonio non può fondarsi su rapporti gerarchici, ma sulla piena reciprocità. Oggi che molta strada è stata fatta, serve insistere soprattutto sul piano culturale, affinché quella parità riconosciuta, viva pienamente nella sfera privata, si riconosca la pluralità della famiglie, e si sconfigga la violenza, che ancora troppo spesso segna le relazioni familiari. A quella riforma poi manca ancora un tassello: la trasmissione paritaria del cognome ai figli. La corte nel 2022 ha cancellato l’automatismo della trasmissione di solo quello paterno, ma mancano le norme di regolazione di un principio sostanziale di uguaglianza che incide profondamente sulla cultura, sul riconoscimento reciproco tra uomo e donna, e nelle relazioni genitoriali. Andiamo avanti sulla strada aperta 50 anni fa e approviamo la riforma del cognome”. Lo dice la senatrice Cecilia D’Elia, capogruppo Pd in Commissione Cultura, vicepresidente della commissione bicamerale sul femminicidio e prima firmataria di una proposta di legge sulla trasmissione del cognome.


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