Domenica, il senatore del Pd Graziano Delrio è andato ai seggi per votare i referendum. Tre No – ai tre quesiti sul Jobs Act che lui stesso, dieci anni fa al fianco di Matteo Renzi, contribuì a scrivere – e due Sì, sulla responsabilità dei subappalti e sul taglio dei tempi per ottenere la cittadinanza. Oggi presidente della Commissione bicamerale sul controllo in materia di immigrazione, su questo tema si è molto speso, fin dai tempi in cui era il 2011 – guidava da sindaco di Reggio Emilia l`Associazione dei comuni italiani.
Oltre il 34 per cento dei votanti ha detto no ad accorciare i tempi per ottenere la cittadinanza. Se lo aspettava?
«Mi aspettavo un dato meno compatto rispetto ai quesiti sul lavoro, questo sì. Ma forse non così: è evidente che c`è un atteggiamento più benevolo quando si parla di bambini che di adulti».
Quasi cinque milioni di voti contrari sono tanti.
«Purtroppo ha fatto breccia la propaganda di chi descrive l`immigrazione come una minaccia. E spesso manca la conoscenza delle cose: sono certo che molti di quelli che hanno votato No non sanno che i 10 anni necessari per richiedere la cittadinanza diventano spesso 15 per via della burocrazia. C`è un enorme problema culturale da considerare».
Quale?
«Le persone che vengono dall`estero saranno sempre più italiane man mano che resteranno qui. Ma se non glielo riconosci, se lasci che siano italiani di fatto ma non di diritto e li fai sentire stranieri, rischi di fare un danno all`interesse nazionale. Perché solo chi si sente a casa, difende casa sua».
Però non avete convinto nemmeno una parte dei vostri elettori: secondo l`Istituto Cattaneo, il 15-20 per cento dei votanti Pd alle Europee hanno votato No a quel quesito.
«La destra su questo ha l`arma fortissima della paura, che non va sottovalutata. E vero: c`è un pezzo anche del nostro elettorato che, su questo, non si fa convincere. Io penso che l`unico modo sia continuare a parlarne. E come quando un bambino ha paura del buio: non basta dirgli di stare tranquillo, devi stargli vicino e accendere la luce».
Come si accende la luce per rassicurare chi ha paura?
«Con i dati di fatto, con la realtà, spiegando quanto sia interesse di tutti che persone che vivono qui da anni, lavorano e pagano le tasse si sentano a nostra economia».
Cosa deve fare il Pd ora su questo argomento? «Bisogna riprendere in mano una proposta sullo ius scholae. Cogliendo anche l`apertura di Forza Italia, se non è strumentale».
Dovreste lavorare a una legge anche con Forza Italia?
«Il Pd deve certamente dire che è disposto a sedersi a un tavolo per ragionare insieme sul tema. La frustrazione dei ragazzi di seconda generazione, il loro desiderio di essere italiani di diritto oltre che di fatto, viene prima di tutto».
Senatore, ma l`esito dei referendum lo considera un fallimento, come dice la destra, o una ripartenza, come prova a leggerlo l`opposizione?
«Sono vere entrambe le cose, ma dipende che direzione prenderemo. Quando vota solo il 30 per cento è sempre un fallimento: ogni voto è un mattone nella casa democratica, e se i mattoni sono pochi si infragilisce. Per questo non capisco cosa ci sia da festeggiare nelleastensioni».
E c`è da festeggiare se votano in 14 milioni su 51?
«Bisogna essere onesti: 14 milioni di voti possono essere una ripartenza solo se si capisce che su materie complesse come il lavoro serve una riflessione vera. Su aborto o divorzio i cittadini votarono in mas- coi referendum».
Lei stesso non ci ha creduto e ha votato no.
«Ho votato come votai nel 2014: a favore del Jobs Act, continuo a ritenerla una buona legge che conteneva la fine dei co.co.co, delle dimissioni in bianco e la Naspi. Far passare il messaggio che con il “Sì” si sarebbe potuta abolire la precarietà assomiglia a chi urlava di aver abolito la povertà dal balcone di Palazzo Chigi (Di Maio leader del M5S nel governo Conte 1, ndr)».
Un messaggio populista?
«L`intenzione era buonissima, ma aumentare i meccanismi di protezione non è responsabilità dei cittadini col referendum: è la politica che deve entrare in campo».
E d`accordo con chi tra i suoi colleghi dem ha criticato la linea della segretaria parlando di regalo a Meloni?
«L`errore secondo me è stato aver politicizzato il referendum: non avrei mai parlato di avviso di sfratto al governo. Anche perché se politicizzi la lettura, rischi poi che il risultato ti si ritorca contro». Serve un confronto nel Pd?
«Non c`è dubbio. Un grande partito popolare come il Pd deve interrogarsi sul risultato, a partire proprio dal dato sulla cittadinanza». –


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