E’ uscito qualche giorno fa in uno dei blog ospitati da Il Fatto Quotidiano un articolo dal titolo “PD, quella magica inutilità femminile: un anno di Renzi senza traccia delle donne”. Di seguito la mia replica.
È straordinariamente importante che anche Il Fatto Quotidiano abbia scoperto quanto possa essere utile un dibattito sull’impegno delle donne in politica. Però una discussione su una questione così seria andrebbe svolta conoscendo fatti e persone, e non misurandosi con anatemi verso la ‘mistica dell’appartenenza di genere’.
Un primo mito da sfatare: grazie al PD non sono solo ‘le donne’ ad avere raggiunto importanti incarichi pubblici, ma donne qualificate e competenti che stanno lavorando con grande responsabilità per il bene della collettività e che hanno contribuito, non poco, al ripristino di un equilibrio di genere che fino a poco tempo fa era impensabile nel nostro Paese e a realizzare scelte che migliorano la vita concreta delle donne. È sbagliato dire che per le donne va tutto bene? Certo che è sbagliato, sarebbe intellettualmente riprovevole almeno quanto lo è parlare di ‘pallore delle iniziative della nomenklatura femminile del Pd’.
Perché accanto alle discriminazioni e alle violenze sulle donne, accanto alla loro sottorappresentanza nelle istituzioni, e accanto a una cultura del lavoro che per anni ha riprodotto l’idea della maternità come rischio d’impresa
anziché come caratteristica di genere da cui dipende l’intera società, esiste ora un cambiamento che è a dir poco fazioso e miope non voler riconoscere.
E qui c’è da sfatare un secondo mito, cioè che si stia perpetuando ‘la più ortodossa delle tradizioni antifemministe’. Non credo affatto che il renzismo mimi ‘la parodia di vecchi sultanati di provincia’, perché a raccontarci una storia diversa sono i fatti e i linguaggi su cui il Partito Democratico ha investito energie, competenze, innovazioni.
Un partito, è bene ricordarlo, che ha cultura di governo, che è giovane anche se viene da fondamentali culture politiche storiche, che non ha eletto Presidente una persona dalla facile barzelletta misogina né dal linguaggio neutrale di chi nega le differenze, e in cui le donne non hanno certamente bisogno di tutor, ma hanno bisogno, come tutte le donne, di persone capaci di sapere
che una democrazia paritaria, e una società a misura anche di donna, sono un cambiamento nella qualità stessa della democrazia, delle sue priorità politiche, e sono perciò un bene per tutti. Per il resto, sanno difendere benissimo da sole la propria autonomia e la propria libertà.
Un terzo mito da sfatare è quello della ‘magnifica inutilità femminile eccedente nel Pd’.
Le donne del Pd al governo, ciascuna con i propri ruoli, con le proprie competenze, con la propria storia personale e politica, hanno lavorato intensamente mettendo in campo concrete misure di cambiamento nella rappresentanza, nell’economia, nel diritto del lavoro, nel contrasto alle discriminazioni e alle violenze. Per loro, e di loro, parla il lavoro svolto. Se nel nostro Paese permangono stereotipi e discriminazioni assurde nei confronti delle donne non è perché le donne del Pd si muovono nell’accondiscendenza, ma perché una parte del sistema culturale italiano rimane vischiosamente vincolato a una visione limitatadella stessa prospettiva di genere, come se si trattasse solamente di una battagli a delle donne per le donne e non di una grande battaglia di civiltà a vantaggio di tutti. Lagnarsi non paga, così come non pagano le mistificazioni su quei fatti concreti e oggettivi che evidenziano una sostanziale innovazione rispetto al passato recente. Se per esempio il
principio della rappresentanza di genere è stato introdotto con largo consenso nelle riforme in discussione nel Parlamento, è per il valore delle scelte politiche condotte, e non per cause di forza maggiore che prima o poi sarebbero potute accadere da sole.
Anche tutto questo, forse, a qualche donna o uomo potrà legittimamente non interessare, ma si tratta di cambiamenti di portata epocale che stanno contribuendo a introdurre il mainstreaming di genere nell’agenda politica italiana.
Sarebbero stati raggiunti gli stessi risultati senza il Pd al governo e senza le donne del Pd? Io non credo proprio. Sono cose che i governi precedenti hanno saputo affrontare? Provate a rispondere voi. Certo il nostro Paese avrebbe raggiunto obiettivi
migliori, in termini di qualità della vita, occupazione, coesione sociale, natalità, se in passato fossero state prodotte normative coraggiose in materia di pari opportunità, norme antidiscriminatorie, tutela della maternità e politiche di condivisione dei tempi di vita e di lavoro, tanto per citare due o tre cose che sappiamo essere care al Pd. Però ben poco è
stato fatto, prima che se ne occupassero, insieme, le donne e gli uomini del Partito Democratico.
È straordinariamente importante che anche Il Fatto Quotidiano abbia scoperto quanto possa essere utile un dibattito sull’impegno delle donne in politica. Però una discussione su una questione così seria andrebbe svolta conoscendo fatti e persone, e non misurandosi con anatemi verso la ‘mistica dell’appartenenza di genere’.
Un primo mito da sfatare: grazie al PD non sono solo ‘le donne’ ad avere raggiunto importanti incarichi pubblici, ma donne qualificate e competenti che stanno lavorando con grande responsabilità per il bene della collettività e che hanno contribuito, non poco, al ripristino di un equilibrio di genere che fino a poco tempo fa era impensabile nel nostro Paese e a realizzare scelte che migliorano la vita concreta delle donne. È sbagliato dire che per le donne va tutto bene? Certo che è sbagliato, sarebbe intellettualmente riprovevole almeno quanto lo è parlare di ‘pallore delle iniziative della nomenklatura femminile del Pd’.
Perché accanto alle discriminazioni e alle violenze sulle donne, accanto alla loro sottorappresentanza nelle istituzioni, e accanto a una cultura del lavoro che per anni ha riprodotto l’idea della maternità come rischio d’impresa
anziché come caratteristica di genere da cui dipende l’intera società, esiste ora un cambiamento che è a dir poco fazioso e miope non voler riconoscere.
E qui c’è da sfatare un secondo mito, cioè che si stia perpetuando ‘la più ortodossa delle tradizioni antifemministe’. Non credo affatto che il renzismo mimi ‘la parodia di vecchi sultanati di provincia’, perché a raccontarci una storia diversa sono i fatti e i linguaggi su cui il Partito Democratico ha investito energie, competenze, innovazioni.
Un partito, è bene ricordarlo, che ha cultura di governo, che è giovane anche se viene da fondamentali culture politiche storiche, che non ha eletto Presidente una persona dalla facile barzelletta misogina né dal linguaggio neutrale di chi nega le differenze, e in cui le donne non hanno certamente bisogno di tutor, ma hanno bisogno, come tutte le donne, di persone capaci di sapere
che una democrazia paritaria, e una società a misura anche di donna, sono un cambiamento nella qualità stessa della democrazia, delle sue priorità politiche, e sono perciò un bene per tutti. Per il resto, sanno difendere benissimo da sole la propria autonomia e la propria libertà.
Un terzo mito da sfatare è quello della ‘magnifica inutilità femminile eccedente nel Pd’.
Le donne del Pd al governo, ciascuna con i propri ruoli, con le proprie competenze, con la propria storia personale e politica, hanno lavorato intensamente mettendo in campo concrete misure di cambiamento nella rappresentanza, nell’economia, nel diritto del lavoro, nel contrasto alle discriminazioni e alle violenze. Per loro, e di loro, parla il lavoro svolto. Se nel nostro Paese permangono stereotipi e discriminazioni assurde nei confronti delle donne non è perché le donne del Pd si muovono nell’accondiscendenza, ma perché una parte del sistema culturale italiano rimane vischiosamente vincolato a una visione limitatadella stessa prospettiva di genere, come se si trattasse solamente di una battagli a delle donne per le donne e non di una grande battaglia di civiltà a vantaggio di tutti. Lagnarsi non paga, così come non pagano le mistificazioni su quei fatti concreti e oggettivi che evidenziano una sostanziale innovazione rispetto al passato recente. Se per esempio il
principio della rappresentanza di genere è stato introdotto con largo consenso nelle riforme in discussione nel Parlamento, è per il valore delle scelte politiche condotte, e non per cause di forza maggiore che prima o poi sarebbero potute accadere da sole.
Anche tutto questo, forse, a qualche donna o uomo potrà legittimamente non interessare, ma si tratta di cambiamenti di portata epocale che stanno contribuendo a introdurre il mainstreaming di genere nell’agenda politica italiana.
Sarebbero stati raggiunti gli stessi risultati senza il Pd al governo e senza le donne del Pd? Io non credo proprio. Sono cose che i governi precedenti hanno saputo affrontare? Provate a rispondere voi. Certo il nostro Paese avrebbe raggiunto obiettivi
migliori, in termini di qualità della vita, occupazione, coesione sociale, natalità, se in passato fossero state prodotte normative coraggiose in materia di pari opportunità, norme antidiscriminatorie, tutela della maternità e politiche di condivisione dei tempi di vita e di lavoro, tanto per citare due o tre cose che sappiamo essere care al Pd. Però ben poco è
stato fatto, prima che se ne occupassero, insieme, le donne e gli uomini del Partito Democratico.