‘La sfida dell’Italia al terrorismo è quella di promuovere un nuovo multilateralismo che da un lato deve fare i conti con l’impostazione dell’amministrazione americana, che non vuole lasciare il Mediterraneo e il Medioriente ma vuole esercitare il suo ruolo in modo diverso da quello di 15 anni fa, e dall’altro deve fare i conti con la superpotenza economica e commerciale dell’Europa’. Lo ha affermato Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, nel suo intervento alla conferenza internazionale ‘L’Italia e la minaccia Jihadista. Quale politica estera?’ in corso al Senato. ‘Questo multilateralismo – continua Gentiloni – deve agire in prima persona a geometrie variabili, a seconda dei teatri di crisi, con alcune costanti, come il legame con gli Stati Uniti e con l’Unione europea e deve farlo in alcuni casi con l’obiettivo di ricostruire le capacità statati dove sono state cancellate, come in Libia, o consolidarle e favorirne l’evoluzione positiva dove esse esistono’. Secondo il titolare della Farnesina ‘non abbiamo alternative, non possiamo percorrere avventure antistatali, globaliste, e trasversaliste di nessun tipo’ ma, in questo senso, conta ‘la dimensione dei rapporti politici, conta la cooperazione economica e favorire la democrazia nei Paesi’. Gentiloni ricorda il ‘rapporto speciale con la Tunisia’ che definisce ‘un esempio da questo punto di vista’. ‘Non diamo lezioni – afferma il ministro degli Esteri – ma riconosciamo il ruolo di stabilità che hanno alcuni grandi Paesi, come l’Egitto’. Gentiloni invita poi la politica a ‘non passare da una fase in cui abbiamo esaltato le Primavere arabe a una fase in cui deridiamo il tema della democrazia in questa Regione’ perché ‘era un errore farlo in passato e sarebbe un errore, opposto ma non meno grave, dimenticarsi di questa dimensione’.