Importante l’avvio del processo di Khartum
Caro direttore,
per un singolare gioco delle citazioni e delle sorti, dei richiami storici e delle coincidenze, la magnifica locuzione spes contra spem, di origine paolina, conosce attualmente una fortuna imprevedibile. Oggi viene ricordata reiteratamente da Marco Pannella, io stesso lo facevo a man salva tra i12011 e il 2012, letteralmente innamoratomene dopo averla sentita evocare alla radio da Gabriella Caramore. Scopro ora che veniva utilizzata qualche decennio fa da Ciriaco De Mita e, prima ancora, da Aldo Moro, ma che a richiamarla con frequenza era soprattutto Giorgio La Pira. E questo non può sorprendere considerato quanto il ‘sindaco santo’ fosse animato da un ottimismo disperato e tenacissimo, quale quello che la frase sintetizza così efficacemente. Ecco, bisogna affidarsi proprio a spes contra spem per avere fiducia che si possa ancora credere nella possibilità di alternative sagge e razionali all`attuale politica dell`immigrazione. Una, in particolare, proviamo ad argomentarla da tempo, incontrando molti consensi ma pochi concreti impegni. Poi, all`improvviso, ecco un primo e incoraggiante segnale. 1128 novembre scorso è stato avviato a Roma un progetto definito ‘processo di Khartum’: i ministri degli Esteri e dell`Interno degli Stati della Ue insieme a quelli di Egitto, Eritrea, Etiopia, Gibuti, Kenya, Libia, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Tunisia, e ai più alti rappresentanti della Commissione europea e del Servizio europeo di azione esterna, si sono impegnati ad affrontare in maniera congiunta un fenomeno globale, che riguarda centinaia di migliaia di uomini, donne e minori in fuga dalla miseria e dalla guerra, verso una possibile salvezza in Europa. I rappresentanti di 40 governi europei e africani, riuniti a Roma, hanno proposto per la prima volta azioni e interventi rivolti a quei Paesi da cui hanno origine o dove transitano la maggior parte dei flussi migratori verso il Mediterraneo. E ciò con l`obiettivo primario di impedire ai trafficanti di esseri umani di appropriarsi della vita dei profughi, sottoposti viaggi massacranti e a insidie letali: a tal punto che, nel corso degli ultimi vent`anni, il Mediterraneo ha sommerso oltre 20mila persone.
Il ‘processo di Khartum’ ha, da una parte, obiettivi a lungo termine e si propone di contribuire alla stabilizzazione regionale di determinate aree e di affrontare le cause strutturali del fenomeno attraverso progetti di cooperazione (finanziabili con fondi Ue). Dall`altra, intende intervenire sui flussi migratori prendendo atto, finalmente, della necessità di anticipare il momento in cui offrire protezione a quanti ne hanno diritto, sottraendoli al controllo dei trafficanti. Il piano prevede, nei Paesi di transito, la creazione di centri, gestiti dalle citate organizzazioni internazionali, dove accogliere i fuggiaschi, individuare i richiedenti asilo e permettere loro di arrivare nei Paesi europei di destinazione in maniera legale e sicura, prevedendo una distribuzione condivisa delle domande d`asilo tra gli Stati membri. La collaborazione di Acnur e Oim alla predisposizione di un piano che permetta ai profughi l`ingresso protetto in Europa può garantire, in ogni passaggio, la tutela dei diritti fondamentali di queste persone così vulnerabili. Se le buone (e ardue) intenzioni verranno confermate, è questo senza dubbio l`approccio giusto.
Il ‘processo di Khartum’ è molto vicino alla proposta da noi elaborata insieme al sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, all`indomani dei naufragi del 3 e dell`Il ottobre del 2013. Proposta che abbiamo chiamato «ammissione umanitaria» e che abbiamo presentato in molte sedi politiche e istituzionali e, nel primo anniversario del 3 ottobre, proprio a Lampedusa alla presenza dei familiari delle vittime, della presidente della Camera Laura Boldrini, del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, dell`alto rappresentante Ue Federica Mogherini. Il nostro piano prende le mosse dall`urgenza di porre fine alla lunga sequenza di morti nel Mediterraneo e dalla necessità di una politica comune europea per l`asilo, attraverso azioni condivise. Dunque, anticipare e avvicinare la richiesta di protezione internazionale in quei Paesi dove i movimenti di profughi si addensano e transitano, attraverso un sistema di presidi gestiti dall`Acnur e dalle organizzazioni umanitarie internazionali col supporto della Ue e degli Stati membri.
Con il ‘processo di Kartum’ si va nella stessa direzione. Conosciamo tuttavia bene quali siano i rischi: le condizioni di instabilità e la natura dei regimi dei Paesi dove verranno creati i centri di accoglienza; la possibilità che quei centri, invece di essere luoghi provvisori di accoglienza diventino sedi permanenti di affollamento e di degrado. E, tuttavia, l`irresponsabile decisione di abbandonare la missione Mare Nostrum rende questa, più ancora che in passato, la sola via praticabile. Insomma, come detto, spes contra spem.

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