In questa impervia ricostruzione della vicenda, non disponendo ancora della certezza del diritto, figuriamoci dove cercare quella del delitto: per sbrogliare una matassa il cui bandolo sta nella ‘questione giurisdizionale’, se cioè l`uccisione dei due pescatori indiani, scambiati per ‘corsari’, è avvenuta in acque internazionali, quindi da considerare italiane perché l`Enrica Lexie batteva la nostra bandiera, o no. Ha avuto inizio in tal modo una manovra diplomatica che, mentre in Italia si tingeva di un patriottismo tra civile e sentimentale, suscitava in India una replica puntuale. «È vero», ha dichiarato la Corte Suprema di Delhi, «che il fatto non è accaduto nelle acque indiane, ma i marò non godevano dell`immunità sovrana, la sola che potesse determinare la vostra giurisdizione».
È così successo che governo e diplomazia italiani, profittando dei due connazionali tornati in patria per il Natale e successivamente, con un permesso di quattro settimane, per la fase conclusiva della tornata elettorale, si sono dedicati a un tentativo che giustificasse la decisione di sottrarli al pericolo di una condanna a morte. Solo allora – mai prima, per la verità – l`Alta Corte indiana annunciava che la
pena di morte, dal 1983, si commina soltanto «nel più raro dei casi rari»; e quello dei fucilieri italiani non vi rientra. La Corte nega, però, che il nostro ambasciatore a Delhi possa lasciare il Paese perché, «essendo venuto meno alla sua parola», di garantire cioè il ritorno dei due marò dalla licenza, «non gode più dell`immunità diplomatica».
Il governo italiano cerca di rimediare al ‘pasticcio’ e rimanda i marò in India perché
affrontino un equo riesame del problema; mentre l`India si limita a ribadire che il reato in questione non implica la pena estrema.
Da noi qualcuno è persuaso che occorra evitare uno scandalo insopportabile, perché gravemente squalificante, e si dedica all`urgente necessità di restituire alla mite,
ma puntuta giustizia indiana pro-tempore, s`intende – i due marinai.
A nome di tutte le nostre Forze armate l`Ammiraglio Luigi Binelli chiede la riconsegna dei marò, e sempre in autorevoli ambienti militari si parla tont court di
«scellerati dilettantismi».
«Purché non venga mai meno la trasparenza», raccomandava Einaudi e reclama, oggi, Napolitano. La trasparenza in questa storia ha messo a rischio la faccia. Secondo
gli esegeti della diplomazia e dei tradizionali poteri di un governo, talvolta perdendola.


Ne Parlano