Capisco, e profondamente, l’ingorgo emozionale di Debora Serracchiani. L’essere donna in posizioni apicali e soprattutto in politica è una sfida difficilissima. Ricordo, per chi non vi avesse fatto caso, che Debora Serracchiani è una delle due donne in Italia presidenti di Regione e che è, donna, vicesegretaria del Partito Democratico. Un ruolo che ci rende orgogliose, un ruolo non indifferente, che si traduce in un peso “moltiplicato”, in quanto la rappresentanza di genere deve pagare, quale tributo, una penalità altissima. Specie se e quando la donna è capace.

Nel 2003, il mio impatto a sostegno della candidatura di Riccardo Illy fu così forte da stimolarmi a scrivere e documentare la mia esperienza, un tratto di vita in cui il mio essere donna veniva messo duramente alla prova. Scrissi “Il Tailleur rosso” , in cui raccontavo un’esperienza sì avvincente, ma altrettanto difficile.

Non vorrei dimenticassimo che nel nostro Paese appena nel  XX secolo le donne hanno acquisito i diritti politici, riconoscimento più formale che sostanziale, considerato il pregiudizio secondo il quale la politica non è affare per le donne.

Un fatto certo: Debora ha azionato tutte le leve per tradurre in concretezza la  programmazione regionale, dimostrando quanto sia vero che le donne sono pragmatiche, che non si fermano alla parola e alle dichiarazioni ma, salvo eccezioni, vanno subito ai fatti. Ho riletto in questi giorni parole ad hoc di Margaret Thatcher, ce ha detto: “in politica, se vuoi che qualcosa venga detto, chiedilo ad un uomo. Se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedilo ad una donna”.

Da qui discende una constatazione, tratta da recenti dati ufficiali: la sotto rappresentanza politica delle donne, un problema internazionale, non solo del nostro Paese. La percentuale media mondiale del genere femminile nei parlamenti nazionali è pari a circa il 19%.

Ho avuto, personalmente, l’avventura di essere inclusa in questo margine.

Nell’Unione Europea la presenza più alta in politica del genere femminile è nei paesi scandinavi, in Olanda e in Germania e varia tra il 42% e il 30%, seguite poi da Austria, Spagna, Gran Bretagna, Italia e Francia dove si registra una media intorno al 20%.

Nei Paesi Scandinavi le donne hanno infatti conquistato ampi spazi politici. Sono presenti in Parlamento il 46% in Svezia, il 43% in Islanda, il 40% in Norvegia e Finlandia, 38% in Danimarca; la percentuale delle donne ministro è del 63% in Finlandia, 53% in Norvegia, 45% in Svezia e Islanda e 42% in Danimarca.

Sempre i Paesi nordici, tra i primi a sancire il diritto di voto alle donne (nel 1906 in Finlandia, nel 1913 in Norvegia, nel 1915 in Islanda e Danimarca, nel 1919 in Svezia). In più, già dagli anni settanta i partiti politici norvegesi, svedesi e danesi hanno introdotto quote rosa su base volontaria, con un conseguente aumento della partecipazione politica femminile.

In Germania la presenza delle donne in politica è oggi molto importante: una donna alla guida del Paese, alte le percentuali di rappresentanza femminile nel Bundesrat e nei direttivi dei partiti. Vi è un forte impegno alla rimozione delle situazioni di discriminazione sociale della donna e negli statuti dei partiti da molti anni sono state previste misure di promozione la rappresentanza del genere femminile nelle liste elettorali.

Il nostro Governo da pochi giorni in carica si è contraddistinto, come il precedente, per l’equilibrio di genere nella scelta dei ministri.

Si tratta di un traguardo significativo per il nostro Paese, che si spera possa guardare alla cultura della parità come ad un obiettivo non lontano, superare il clima di pregiudizio che ancora si avverte quando le donne scendono in campo. Non ho seguito gli insulti a Debora Serracchiani su Facebook, pronti a fare il tiro a segno nei confronti della Presidente.

Non voglio neppure prendere in considerazione il becerume ottuso e volgare, la spazzatura che ammala i nostri network, ma se così fosse, chi insulta o ridicolizza un momento di difficoltà comprensibile e del tutto umano, oltre ad insultare se stesso, insulta il mondo e la sensibilità femminile, un dono per la politica e la democrazia a cui le nostre stesse Costituenti hanno contribuito.

 


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