I continui e pesantissimi attacchi a papa Bergoglio non vengono da chi si oppone alle sue riforme. La sua maggioranza, quella che lo ha eletto, composta di varie anime, condivideva l’urgenza non più procrastinabile di riformare la Curia e tanta parte dell’organizzazione della chiesa istituzionale. Ebbene quella maggioranza esiste ancora, e ne fanno parte anche molti considerati tradizionalmente ‘Conservatori’. Certo ci sono idee diverse su come riformare ma non sono queste differenze a motivare la virulenza dei suoi oppositori.
Certo la sua mancanza di filtri, come si dice, fa scappare delle schegge impazzite e corrotte, dei personaggi squallidi che forse con filiere e correnti di potere strutturate non sarebbero così sfuggite di mano (o che più probabilmente non si sarebbero viste in modo cosi vistoso). Quel suo ‘voler fare da solo’ comporta questi rischi, e però spariglia le lobby di potere consolidate dentro e vicino alla curia. Questa esasperazione mediatica di casi plateali è piuttosto volta a screditare il papa, come fosse inaffidabile. Certo molti della vecchia guardia sono frustrati perché emarginati dal nuovo corso o perché il loro repentino cambio di casacca non è stato sempre perdonato da un papa poco misericordioso con gli assetati di potere. Queste e altre ragioni intorno alle quali si consumano analisi e più ancora gossip di bassa lega esistono e non vanno minimamente sottovalutate. Sono gravi, sono il segno che Begoglio è sotto attacco, ma non sono così straordinarie: ci’ sono sempre state, non hanno il carattere dell’eccezionalità, sicuramente non rientrano nella sempre verde categoria del complotto. Ciò che invece costituisce l’opposizione davvero molto minacciosa e trasversale non è alla riforma della Curia, alla trasparenza dello Ior, alla ristrutturazione delle Congregazioni ecc. ecc. (questioni che sono oggetto di lotte di potere da sempre e anzi oggi non di più).
La vera opposizione è molto più profonda ed è quella all’idea stessa che ha Bergoglio della chiesa e della sua missione nel mondo di oggi. Che non è più quella di veicolare un uso civile della religione (e finanche politico) o una morale di comportamenti prescrittivi e giudicanti, o un’idea contro la realtà. Insomma con lui è finita una chiesa che veicola la religione come ideologia. E questo è inaccettabile. Molti sono orfani di un approccio di questo tipo che si fondava su un’idea della chiesa sul mondo e non sul suo ascolto.
Per Bergoglio la priorità è un’altra ed ha delle conseguenze assolutamente pratiche. Coerenza e testimonianza su ogni aspetto. Prendiamo la povertà: non pauperismo ideologico, ma una semplice realtà: ‘se un credente parla della povertà e dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare’.
Se si parla di onestà non si può partecipare alla corruzione della politica solo perché aiuta la chiesa.
Non è un semplice richiamo a comportarsi bene: la fede non è mai ridotta a morale. Piuttosto unità di vita e non scissione. Lo sforzo è quello di ricomporre la minaccia di sempre al cristianesimo, e cioè l’atavico dualismo tra spirito e materia, tra anima e corpo, tra idea e realtà.
Il suo è un richiamo all’essere uniti, al ricomporre unità tra il dentro di noi e il fuori, a non essere scissi tra quello che si dice e quello che si fa. Solo così si è credibili e si può tornare a parlare ai giovani, ed essere ascoltati davvero.
E per la chiesa significa non dare la precedenza alla verità dottrinale rispetto all’autenticità dei comportamenti. E dunque a vivere il vangelo sine glossa.
È naturale poi che debbano cambiare anche le forme della chiesa, come conseguenza. Le ultime nomine vescovili fatte dal papa hanno quel segno.
La vera e pericolosa opposizione a Bergoglio è a tutto ciò.

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