Ha ragione Lucetta Scaraffia, nel suo articolo di martedì: dì donne capaci di ricoprire – e bene – ruoli di prima importanza in Italia ce ne sono e non poche. Faticano però ad emergere, a rompere il muro di una cultura maschile e maschilista, che considera il potere uno spazio da custodire, spesso con esiti di pura conservazione delle cose. Le donne hanno invece dimostrato di essere portatrici attive di innovazione, concretezza, cambiamento. Le donne, proprio perché la nostra è una società a misura di maschio, ed è una società in crisi e che stenta a modificare i propri vizi, sono il soggetto più titolato, insieme ai giovani, per essere protagoniste del cambiamento. Non a caso proprio la presenza consistente di donne è stato uno dei tratti di maggiore incisività alla nascita del governo Letta. Un segno di cambiamento nel cui solco si sono insidiate, come ricorda ancora Scaraffia, molte critiche e molti attacchi. Le donne sono diventate oggetto di contestazione da parte di chi si oppone alla sfida di attivare un processo di riforma e di stabilizzazione positiva delle nostre prospettive. Donne che con il massimo del senso delle istituzioni hanno dedicato e stanno dedicando energie e competenze a temi delicati e tradizionalmente maschili, come la giustizia o gli esteri. Donne che hanno scelto di usare il proprio ruolo di ministre per incidere sul cambiamento culturale, incrociando il punto di vista dei diritti delle donne con le opportunità di uguaglianza da offrire a tutte e tutti. Donne che contribuiscono a pensare e realizzare le politiche economiche, nei diversi settori, per rilanciare una crescita capace di portare benessere. Donne contro cui si sono attivate campagne politiche e mediatiche che hanno superato il livello di guardia del rispetto e della civiltà del legittimo confronto politico e che, soprattutto, hanno spesso travalicato lo spazio dell`argomentare politico per divenire attacchi personali, o ancora – ed è un tratto di degenerazione del dibattito ancora più grave – ministre che subiscono attacchi proprio in quanto donne.
Così non si attaccano solo le donne o la componente femminile del governo, ma le prospettive di cambiamento e di uguaglianza che dobbiamo realizzare per uscire dalla crisi. Non sono questioni femminili, ma questioni che interessano tutto il paese, a partire proprio dagli uomini, e le sue concrete possibilità di trovare una strada credibile e realizzabile di innovazione. Ecco perché il processo di riforme che è davanti a noi come obiettivo decisivo per il 2014 deve assumere, in tutti gli ambiti e i contesti, il punto di vista anche delle donne, come completamento di una visione politica sana, utile e indispensabile all`Italia. E dobbiamo farlo a partire dalla legge elettorale, in discussione in questi giorni: riuscendo a garantire una legge effettivamente paritaria – con parità nelle liste e tra eletti – che sia fattore fondante dí una democrazia paritaria.
Questo non significa chiedere quote rosa, ma pretendere, nell`interesse di tutte e tutti, che la nuova fase della repubblica si caratterizzi per la presenza di norme e comportamenti antidiscriminatori. Dobbiamo superare quella cultura maschilista e misogina che si è diffusa negli ultimi vent`anni e che è stata una delle più becere componenti culturali del berlusconismo. Dobbiamo valorizzare le energie, le competenze e i talenti delle donne, che non sono e non vogliono essere trattate come vittime, ma vogliono invece vedere riconosciuta la propria forza e poter esprimere il proprio potenziale – e qui, trasparenza e criteri di merito ovunque nella selezione delle classi dirigenti è la sfida per tutti – e portare il proprio contributo per cambiare l`Italia.

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