Il disegno di legge introduce l’educazione di genere nella scuola per agire sull’eliminazione di pregiudizi, costumi, e pratiche basati sull’idea subalterna della donna
Si celebra oggi la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. I femminicidi, nel nostro paese, continuano ad aumentare, e molte delle violenze esercitate verso le donne sono compiute in famiglia. È anche per questo che abbiamo spesso ricordato che occorre un grande cambiamento culturale, perché oltre alla tutela delle vittime e alla punizione certa di chi compie le violenze, la prevenzione resta il principale strumento per cambiare, veramente, quella grammatica dei sentimenti con cui uomini e donne scrivono il proprio modo di relazionarsi.
I nostri ragazzi e le nostre ragazze meritano di più di quanto non offrano oggi i modelli dominanti con cui si condividono i modi di intendere il genere, l’identità, la libertà di scelta delle persone. Modelli spesso arcaici, direttamente ereditati da pesanti dettami “antropologici”, altre volte figli del più moderno consumismo pubblicitario, che sull’identità, in particolare delle giovani generazioni, opera consolidando stereotipi sessisti e vecchi luoghi comuni sia sui desideri maschili che femminili.
 Il contributo di tutto il mondo della scuola, nel costruire una nuova cultura del rispetto della libertà di ciascuno, nell’uso del linguaggio rispettoso della differenza di genere, della parità in ogni campo, per costruire davvero il contesto politico e culturale della condivisione e della qualità’ per nuove relazioni tra uomini e donne, sarà la vera forza della prevenzione e del contrasto alla violenza verso le donne.
Il disegno di legge appena depositato in senato, di cui sono prima firmataria e sottoscritto da molte senatrici e senatori di diversi partiti, per l’introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere, nelle scuole e nelle università, è un passo importante proprio per contribuire alla realizzazione di quella nuova mentalità di cui riscontriamo urgente bisogno.
Introdurre l’educazione di genere, e della prospettiva di genere, nella scuola, non vuol dire solo dare agli insegnanti e agli studenti gli strumenti per agire sull’eliminazione di pregiudizi, costumi, e pratiche basati sull’idea subalterna della donna; vuol dire anche introdurre la conoscenza del contributo delle donne nelle varie discipline, nei libri di testo e nei materiali didattici, in cui oggi, purtroppo, le donne sembrano ancora figure assenti o ai margini della storia dell’umanità.
Nella letteratura, nella scienza, nell’arte, nella storia, dove le donne sembra non siano mai esistite. Su questi temi il nostro paese può e deve fare di più: se lo meritano le ragazze, le donne e i ragazzi e gli uomini amici delle donne.
Credo che le indicazioni contenute in quella straordinaria piattaforma di progettazione sociale che è la Convenzione di Istanbul, siano in proposito fondamentali. Attuare quella Convenzione vuol dire anche realizzare i punti fondamentali della prevenzione delle discriminazioni e delle violenze, punti che coinvolgono la famiglia, la scuola, i media, il lavoro. Finché la scuola non si farà protagonista di questo profondo e innovativo cambiamento, ogni 25 novembre sarà la ricorrenza di quelle terribili statistiche che verranno puntualmente etichettate come “emergenza femminicidio”.
Non solo, ma la violenza sulle donne riguarda, soprattutto, l’identità maschile. Il permanere di stereotipi e discriminazioni nei confronti delle donne imprigiona anche gli uomini in altrettanti codici di comportamento e comunicazione che privano della libertà. Dobbiamo dare ai giovani la possibilità di vivere nella propria comunità scolastica un’educazione diversa, che possa lasciare spazio a una costruzione autonoma della personalità, in cui una ragazza possa accettare la propria forza senza provare vergogna, e in cui un ragazzo possa accettare la propria complessità, fatta anche di aspetti che nei modelli dominanti vengono etichettati come non idonei a un uomo.
 Con questo disegno di legge, peraltro, si dà seguito concreto alla Risoluzione 2012/2116 (INI) del Parlamento europeo, del 12 marzo 2013, sull’eliminazione degli stereotipi di genere nell’Unione europea, nonché alla realizzazione del cosiddetto obiettivo strategico B4 dell’Unione europea, fissando tra gli obiettivi nazionali dell’insegnamento e delle linee generali dei curricoli scolastici la cultura della parità di genere e il superamento degli stereotipi. Una coerenza politica e culturale, con il più avanzato diritto internazionale, di cui il nostro paese non può più fare a meno. Perché di vittime e violenze, ad oggi, ne abbiamo già contate troppe.

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