Ieri la giornata mondiale contro la violenza degli uomini sulle donne, non una semplice ricorrenza ma un momento di riflessione profonda sul fenomeno e sulle sue cause. Una riflessione che rappresenta la precondizione per interventi efficaci. In troppi, infatti, ancora credono che la violenza sia frutto di un raptus momentaneo, o che sia causata o giustificata da un ‘amore’ così grande da diventare possessivo e violento. Che sia confinata tra le famiglie più problematiche, quelle meno colte o Marginali. Si sbagliano. Sono idee profondamente radicate, anche tra le giovani generazioni, ma che vanno smontate, perché sono tra gli ostacoli maggiori che abbiamo davanti nello sradicare un fenomeno devastante che macchia la coscienza della società tutta. I numeri infatti sono spaventosi, anche nel 2015: secondo l`ultimo rapporto Istat negli ultimi 5 anni sono state quasi quattro milioni e mezzo le donne che hanno subito violenze fisiche o sessuali. Se invece sommiamo quelle che ne hanno subite nel corso della loro vita arriviamo a quasi 7 milioni. Gli abitanti di Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova messi tutti insieme. Ecco la dimensione di un fenomeno troppo spesso passato sottotraccia, su cui l`ultimo rapporto di WeWorld ha acceso un faro pochi giorni fa, facendo il punto sugli strumenti e le risorse messe in campo contro la violenza sulle donne, sulle iniziative legislative, sugli stereotipi che circondano il fenomeno ma anche, e sopratutto, sulle sue origini. La violenza non nasce, infatti, da raptus o da malattie mentali, ma trova il suo humus, come gli studi dimostrano, nell`incapacità di costruire una relazione basata sulla pari dignità tra uomo e donna, nel non rispetto della sua identità, della sua autonomia, della sua libera scelta. Prevaricazione e possesso, invece che riconoscimento e rispetto reciproco. Ecco da dove si deve partire per contrastare la violenza: dagli stereotipi e dai pregiudizi diffusi nella società, cominciando dai più piccoli e coinvolgendo in questo impegno gli uomini. L’educazione al rispetto delle differenze e la responsabilizzazione degli uomini nelle battaglie contro la violenza verso le donne e per la parità di opportunità di tutti, sono due frontiere importanti di un nuovo femminismo che deve costruire alleanze e saper intrecciare tra loro le questioni. Per combattere questo tipo dí violenza dobbiamo impegnarci a trasformare la società affinchè le donne non siano più cittadine a metà, perché siano in grado di valorizzare le proprie capacità e l`autonomia anche attraverso il lavoro, perché nessuno pensi che casa e figli siano ‘questioni loro’, per rompere un`idea sbagliata della donna e riconoscerle pari dignità, diritti, possibilità. Per farlo servirà mettere in campo nuove politiche, investire sull`educazione, lavorare per la sensibilizzazione e predisporre tutti strumenti di un cambiamento culturale che ognuno deve sforzarsi di aiutare. Per questo i125 novembre deve vedere moltiplicarsi l`impegno degli uomini, con prese di posizione pubbliche e un lavoro silenzioso nella quotidianità delle famiglie e dei luoghi di lavoro. La lotta contro la violenza e per le pari dignità deve essere anche degli uomini, una consapevolezza che contraddistingue sia la campagna HeForShe di UnWoman, che quella lanciata da WeWorld dal titolo ‘la voce delle donne’, cui tanti personaggi pubblici, delle istituzioni, del mondo del lavoro e dell`impresa stanno aderendo dando visibilità e forza al movimento. Rompere i pregiudizi, costruire le condizioni per la piena partecipazione delle donne alla vita economica, politica e sociale del Paese, combattere la violenza, sono obiettivi di tutti perché hanno a che fare con il benessere collettivo della comunità. E devono vederci tutti impegnati. Per questo oggi abbiamo bisogno oggi di uomini che sappiano amare davvero, senza violenza.Come ha scritto Alex Britti nella sua bella canzone Perché:«nella vita si vede di tutto, ma c`è un tutto che non capirò, sembrerebbe un amore malato, ma chiamarlo amore non si può». La violenza cancella l`amore. Noi dobbiamo cancellare la violenza.