I dati resi noti oggi dall’Istat segnalano che la recessione forse è finita, ma la situazione del paese, che pure mostra una sostanziale tenuta, è ancor allarmante. I numeri mostrano, infatti, un Paese che non riesce a ripartire: la disuguaglianza rimane ‘consistente’, la povertà aumenta e anche se alcune imprese negli ultimi due anni hanno migliorato occupazione e fatturato si tratta solo del 30% del totale. Un dato rilevante, tuttavia, è quello sull’occupazione femminile che è rimasta stabile durante la crisi, inoltre aumentano le famiglie con donne breadwinner, ovvero quelle in cui la donna è l’unica ad essere occupata: tali famiglie sono passate dal 9,4% nel 2008 al 12,2% nel 2013. Purtroppo le donne, ancora oggi, sono troppo spesso costrette a uscire dal mercato del lavoro quando nascono i figli. La quota di madri che non lavora più a due anni di distanza dalla nascita dei figli è passata al 22,3% nel 2012 dal 18,4% del 2005. Anche per questo non stupisce il fatto, sempre rilevato dall’Istat, che nel 2013 si è toccato un nuovo minimo storico per le nascite da quasi vent’anni. Bisogna lavorare per rilanciare crescita con occupazione. Sostenere il tessuto produttivo con una moderna politica industriale. Tutto ciò per costruire effettivamente le condizioni per migliorare la vita degli italiani, ridisegnare il welfare, partendo dalle persone e dalle persone che lavorano e sostenere il lavoro delle donne. Condizione indispensabile per creare futuro credibile e durevole per l’insieme dell’economia e della società.

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